domenica 6 ottobre 2024

I MIRACOLI EUCARISTICI E LA SCIENZA


 (da wikipedia)

Una possibile spiegazione scientifica del presunto sanguinamento dell'ostia è che si tratti in realtà della crescita di uno strato di microrganismi dal colore rosso sangue. Johanna C. Cullen, ricercatrice della Georgetown University, nel 1994 è riuscita a produrre la parvenza di sanguinamento in laboratorio facendo attaccare le ostie da un batterio molto diffuso, la serratia marcescens, identificato per la prima volta nel 1823 da Bartolomeo Bizio e che in periodi di caldo e in luoghi umidi produce sui prodotti da forno (come appunto pane, focacce e quindi anche le ostie) un pigmento rosso e gelatinoso appropriatamente chiamato prodigiosina. La Cullen ha pubblicato la sua ricerca sulla rivista della American Society for Microbiology[41]. Analoghi risultati sono stati ottenuti nel 1998 da Luigi Garlaschelli, ricercatore dell'Università di Pavia[42], dichiaratamente ateo, e nel 2000 da J.W. Bennett e R. Bentley della Tulane University[43]. Non si spiega tuttavia come la proliferazione del Serratia possa improvvisamente cessare, senza finire per ricoprire tutta la particola.

Relativamente a miracoli eucaristici recenti (Buenos Aires (1996), Tixtla (2006), Sokółka (2008) e Legnica (2013)), è stato possibile effettuare esami medici accurati, dai quali è risultato che il materiale studiato è tessuto muscolare striato miocardico che, esaminato al microscopio, sia ottico che elettronico, non può essere confuso con una popolazione batterica, con particolare riferimento agli enterobatteri a forma di bastoncello, tipici della serratia marcescens.[44]

Per quanto riguarda il miracolo eucaristico che sarebbe avvenuto il 15 agosto 1996 nella parrocchia di Santa Maria, a Buenos Aires, l'ostia consacrata, rinvenuta alla base di un candelabro, fu posta successivamente in un calice d'acqua per essere dissolta (secondo le prescrizioni ecclesiastiche in casi del genere). In pochi giorni si trasformò in una sostanza rossa e gelatinosa, e campioni dell'ostia furono inviati a due diversi laboratori, a Sydney e New York, ignari dell'origine del materiale.

  • Le analisi mostrarono la presenza di tessuto miocardico e di globuli bianchi intatti, che non possono essere presenti nel tessuto cardiaco di un cadavere[45], tant'è che il professor Frederick Zugibe, primario di medicina legale e cardiologo della Columbia University di New York, incaricato degli esami, chiese sbalordito: "Come avete fatto ad estrarre da una persona un pezzo di cuore vivente?"[46]. Sempre il professor Zugibe, osservando il modo in cui i globuli bianchi avevano penetrato il tessuto miocardico, affermò che "il cuore era stato sottoposto a un duro stress, come se il suo proprietario fosse stato picchiato duramente all'altezza del torace".[47][48]

Per quanto riguarda il miracolo eucaristico che si sarebbe verificato a Tixtla il 22 ottobre 2006, mons. Alejo Zavala Castro, vescovo diocesano, affidò al dott. Ricardo Castañón Gómez, psicologo clinico, esperto di psicosomaticabiochimica e neuro-psicofisiologia, il compito di esaminare scientificamente l'ostia che era apparsa macchiata da una sostanza rossiccia. Furono prelevati tre millimetrici frammenti che vennero esaminati da diversi laboratori specializzati in medicina forenseimmunoistochimica e genetica, ubicati in MessicoGuatemalaBolivia e Stati Uniti. Gli esami fornirono i seguenti risultati:[49]

  • La sostanza analizzata è risultata essere sangue di tipo umano, appartenente al gruppo sanguigno AB, come nel miracolo eucaristico di Lanciano e nel caso della Sindone.[50]

  • Sono presenti fibre cellulari di natura muscolare cardiaca.

  • È presente DNA umano, ma non si riesce a ricavarne il profilo genetico.

  • Sotto la superficie del sangue coagulato, a contatto con l'ostia, è ancora presente sangue fresco (sono passati quasi quattro anni dal fenomeno iniziale).

  • Il sangue è scaturito dall'interno dell'ostia.

  • Sono presenti globuli bianchi ancora integri e attivi al momento del prelievo (I globuli bianchi sono labilissimi: fuori dal proprio organismo, o alla morte di questo, muoiono e si dissolvono entro poche decine di minuti. I globuli bianchi esprimono la vitalità dell'organismo a cui appartiene il tessuto in cui vengono ritrovati, inoltre i globuli bianchi non si formano in loco, ma vengono prodotti in altri distretti dell'organismo e successivamente inviati al punto che necessita del loro intervento, come nel caso di traumi, ferite o infiammazioni).[51]

Per quanto riguarda il miracolo eucaristico che sarebbe avvenuto a Sokółka il 12 ottobre 2008, le indagini scientifiche, furono affidati a due esperti dell'università di Białystok, il prof. Stanisław Sulkowski e la prof.ssa Maria Elżbieta Sobaniec-Łotowska, entrambi anatomopatologi.

Gli esami, effettuati separatamente dai due esperti sia con il microscopio ottico sia con quello elettronico, fornirono i seguenti risultati:

  • La parte modificata si presenta come tessuto miocardico.

  • Sono presenti nelle fibre segni di sofferenza, come segmentazione e frammentazione, tipiche di un organismo vivente in prossimità della morte.

  • Le fibre miocardiche e la struttura del pane azzimo sono legati in modo scientificamente inspiegabile.

  • Nonostante il lungo tempo trascorso, sono assenti, sia nelle fibre miocardiche sia nel pane, segni di corruzione o di degradazione, pure in assenza di conservanti.[52]

Per quanto riguarda il miracolo eucaristico che si sarebbe verificato a Legnica il 25 dicembre 2013, il 26 gennaio 2014 furono effettuati microprelievi di materiale per poterli analizzare, mentre il 10 febbraio seguente la porzione di particola, diventata rosso scuro, fu tolta dall'acqua e posata su un corporale, al quale aderì disidratandosi e assumendo l'aspetto che ha tuttora, a distanza di anni.

Le analisi furono eseguite inizialmente presso il dipartimento di medicina legale di Breslavia: dagli esami risultò che il materiale esaminato "assomigliava molto al muscolo cardiaco" di un essere umano, con "alterazioni che appaiono di frequente durante un'agonia"[53].

Successivamente furono effettuati esami anche presso il dipartimento di medicina legale della "Pomeranian Medical University" di Stettino, che confermarono come il materiale fosse tessuto muscolare cardiaco di natura umana.[54]

Dopo tutto questo si può ben dire che i miracoli Eucaristici sono veri e che quindi la Santa Eucaristia sia effettivamente Corpo e Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, in particolare ora sappiamo che quello che mangiamo (quello che il Signore ci regala a ogni S. Messa) è il Sacro Cuore di Gesù poco prima di morire. Vi rendete conto che così si spiega la devozione al Sacro Cuore di Gesù? Ricordo anche che, in una lettura di Santa Ildegarda da Bingen, che il cuore è la parte centrare dell'anima e dei suoi pensieri, o qualcosa del genere. Perciò ha senso che sia così, non trovate? Il Suo Cuore Santissimo ci ha così tanto amati da donarsi nel vero senso della parola. Ricordatevelo quando partecipate alla Santa Messa e vedete di comunicarvi degnamente, in stato di grazia (confessione almeno una volta al mese -a meno che di peccati mortali-, mi raccomando!) e magari, senza prenderlo con le mani (a questo proposito vi raccomando di leggere qualche post più indietro su come prendere l'Eucaristia voluto da Gesù).

LA LINGUA INCORROTTA DI SANT'ANTONIO DA PADOVA

 



Era l’8 aprile 1263 quando san Bonaventura da Bagnoregio, allora Ministro Generale dell’Ordine francescano, aprì la cassa contenente le spoglie di Sant’Antonio di Padova, morto 32 anni prima ed acclamato santo ad un anno appena dalla morte. L’intenzione era quella di spostare i sacri resti dalla chiesetta di santa Maria Mater Domini, in cui era stato seppellito quattro giorni dopo la morte, avvenuta il 13 giugno 1231, alla maestosa Basilica sorta intanto in suo onore. 

La scena che si presentò agli occhi dei presenti, al momento della riesumazione, fu sbalorditiva: mentre di tutto il corpo del Santo non restava che un cumulo di cenere ed ossa, la lingua invece – nonostante, per la sua fragilità, sia una delle prime parti del corpo a decomporsi – era rimasta intatta, “rubiconda et pulchra”, vermiglia e bella, come la descrisse san Bonaventura. 

Incontenibile lo stupore e la commozione di tutti: la Chronica XXIV Generalium riporta che, di fronte alla portentosa scoperta, san Bonaventura abbia esclamato: “O Lingua benedetta, che sempre hai lodato il Signore e lo hai fatto lodare dagli altri, ora appare manifesto a tutti quanti meriti hai acquistato presso Dio”. [...] 

Nel corso della seconda guerra mondiale, per timore dei bombardamenti, la Lingua e il Mento del Santo furono estratti dai reliquiari e nascosti in una cassa di ferro per circa due anni. Fu dopo questo occultamento, secondo la testimonianza dei frati del tempo, che la lingua non si presentò più carnosa ed eretta come era prima, ma, ciò nonostante, mai è venuta meno la fervida devozione dei fedeli verso questa insigne reliquia. (nota mia: in un altro sito, tantissimi anni fa, lessi che adesso si presenta nera e piena di muffa; immagino proprio per l'umidità a cui è stata sottoposta in quei 2 anni sottoterra. questo garantisce ancora di più che sia una lingua vera!)

Nel 1981, quando si effettuò dopo secoli, un’altra ricognizione delle sacre spoglie, gli scienziati individuarono, tra i resti mortali del Santo, il suo apparato vocale pressoché intatto: anche l’osso ioide e due frammenti delle cartilagini aritenoidee, come la Lingua, si erano conservati incorrotti, mentre tutte le altre cartilagini erano sfaldate.

domenica 30 settembre 2018

PREGHIERA CHE VALE 9 ROSARI

Una pastorella della Baviera il 20/06/1646 si trovava con il suo gregge al pascolo.
Lì c’era un’immagine della Madonna davanti alla quale la ragazzina aveva promesso che avrebbe recitato tutti i giorni nove Rosari.
Sopravvenne un grande caldo su quella regione e il bestiame non le lasciò il tempo di pregare. Le apparve allora la nostra Cara Signora e le promise di insegnarle una preghiera che avrebbe avuto lo stesso valore della recita di nove Rosari.
Ebbe dalla Signora l’incarico di insegnarla ad altri.
La pastorella, però, tenne per sé la preghiera e il messaggio fino alla morte. L’anima sua, dopo la morte, non riuscì ad avere la pace; Dio le diede la grazia di manifestarsi ed ella disse che non avrebbe trovato la pace, se non avesse rivelato questa preghiera agli uomini, dato che la sua anima era vagante.
Riuscì così a conseguire la pace eterna.
La riportiamo di seguito ricordando che, recitata per tre volte dopo un Rosario, corrisponde all’equivalente impegno di nove Rosari:
“PREGHIERA DI SALUTO”
(da ripetersi per 3 volte dopo il Rosario)
Dio Ti saluta, o Maria. Dio Ti saluta, o Maria. Dio Ti saluta, o Maria.
O Maria, io Ti saluto 33.000 (trentatremila) volte,
come ti ha salutato l’arcangelo San Gabriele.
E’ gioia per il Tuo Cuore ed anche per il mio cuore, che l’Arcangelo Ti abbia portato il saluto del Cristo.
Ave, o Maria…
(da paolotescione.altervista.org)

LA GRANDE PROMESSA DI SAN GIUSEPPE

Fra Giovanni da Fano (1469-1539) descrisse un’apparizione di San Giuseppe a due giovani frati, dalla quale nacque nella Chiesa la devozione dei “Sette dolori e gioie di San Giuseppe”, indulgenziata da grandi Pontefici quali Pio VII, Gregorio XVI e Pio IX.

Ecco quanto egli riferì: “Mi narrò un frate minore dell’Osservanza, degno di fede, che, essendo due frati del detto Ordine in una nave che andava in Fiandra, con circa trecento persone, ebbe per otto giorni grandissima tempesta.
Uno di quei frati era predicatore e devotissimo di San Giuseppe, al quale con tutto il cuore si raccomandava.
La nave si sommerse con tutti quegli uomini e il frate, con il suo compagno, si trovarono nel mare sopra una tavola, sempre raccomandandosi con grandissima fede a San Giuseppe.
Il terzo giorno apparve in mezzo alla tavola un bellissimo giovane che, con la faccia allegra, salutandoli, disse: “Dio vi aiuta, non dubitate!”.
Detto questo, tutti e tre con la tavola si trovarono a terra.
Allora i frati, inginocchiati, con molta devozione ringraziarono il giovane, poi il predicatore disse:
“O nobilissimo giovane, Vi prego per amor di Dio che mi diciate chi Voi siete!”.
E Lui rispose: “Io sono San Giuseppe, degnissimo Sposo della beatissima Madre di Dio, al quale tanto vi siete raccomandati. E per questo, dal benignissimo Signore sono stato mandato a liberarvi. E sappiate che se questo non era, voi sareste annegati insieme con gli altri. Ho impetrato dalla divina clemenza infinita che qualunque persona dirà ogni giorno, tutto un anno, sette Padre Nostro e sette Ave Maria a riverenza dei sette dolori che io ebbi nel mondo ottenga da Dio ogni grazia, purché sia giusta” (ossia conveniente, conforme al proprio bene spirituale).

SETTE DOLORI E GIOIE DI SAN GIUSEPPE
Da recitarsi tutti i giorni, per un anno intero, per ottenere grazie

1. Sposo purissimo di Maria Santissima, grandi furono le angosce del tuo cuore,
agitato dal timore di dover abbandonare la tua amatissima Sposa, perché divenuta Madre di Dio; ma ineffabile fu anche la gioia che provasti, quando l’Angelo ti rivelò il grande mistero dell’Incarnazione. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ti preghiamo di soccorrerci ora con la grazia di una buona vita
e, un giorno, con il conforto di una santa morte, somigliante alla tua, accanto a Gesù e a Maria. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

2. Felicissimo Patriarca, che fosti elevato all’eccelsa dignità di Padre verginale del Verbo incarnato, il dolore che provasti nel veder nascere il Bambino Gesù in tanta povertà ed indifferenza della gente si cambiò subito in gioia, all’udire il canto degli Angeli e all’assistere all’omaggio reso al Bambino dai pastori e dai Magi. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ti supplichiamo d’ottenerci
che, dopo il cammino di questa vita terrena, possiamo godere eternamente degli splendori della gloria celeste. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

3. Glorioso San Giuseppe, il Sangue che il Bambino Gesù sparse nella Circoncisione ti trafisse il Cuore, ma ti consolò il tuo compito di Padre d’imporre al Bambino il nome di Gesù. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia ottienici che, purificati da ogni peccato, possiamo vivere col nome di Gesù sulle labbra e nel cuore. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

4. Fedelissimo San Giuseppe, che fosti partecipe dei misteri della Redenzione, se la profezia di Simeone su ciò che Gesù e Maria avrebbero dovuto patire trafisse anche il tuo Cuore, ti consolò però la certezza che molte anime si sarebbero salvate per la Passione e Morte di Gesù. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ottienici che anche noi possiamo essere nel numero degli eletti. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

5. Sollecito Custode del Figlio di Dio, quanto soffristi nel dover portare in salvo
dal re Erode il Figlio dell’Altissimo! Ma quanto gioisti, avendo sempre con te il tuo Dio, insieme a Maria, tua amatissima Sposa! Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, impetraci che, allontanando da noi ogni occasione di peccato, possiamo vivere santamente, nel servizio del Signore e per il bene del prossimo. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

6. Angelo protettore della Santa Famiglia, che ai tuoi cenni ammirasti soggetto il Re del Cielo, se la tua gioia nel ricondurla dall’Egitto si turbò per timore di Archelao, avvertito dall’Angelo, con Gesù e Maria dimorasti a Nazareth in piena letizia fino alla fine della tua vita terrena. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ottienici che, liberati da ogni ansia, possiamo vivere serenamente e giungere un giorno ad una santa morte, assistiti da Gesù e Maria. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

7. Giuseppe santissimo, tu che smarristi senza tua colpa il fanciullo Gesù, con ansia e dolore lo cercasti per tre giorni, finché con somma gioia lo ritrovasti nel Tempio fra i dottori. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ti supplichiamo che non ci avvenga mai di perdere Gesù a causa dei nostri peccati; ma, se per disgrazia lo perdessimo, ottienici di ricercarlo prontamente, per goderlo in Cielo, dove in eterno canteremo con Te e la divina Madre la sua divina Misericordia. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.
(da paolotescione.altervista.org)

giovedì 9 agosto 2018

LA SCALA MIRACOLOSA DI S. GIUSEPPE


Siamo nel 1872 in America, precisamente a Santa Fe, capitale del New Mexico. Il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto (sì, con due T, il nome inglese infatti suona come: Sisters of Loretto) per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi, dopo una peregrinazione che le vide attraversare il Sud-Ovest degli Stati Uniti, il Kentucky, il Missouri ed il Kansas.
Le suore (quattro, la superiora suor Madeleine, Suor Catherine, Suor Hilaire e Suor Robert) appena giunte sul posto iniziarono dunque ad appaltare i lavori adiacenti alla loro semplice abitazione, affinché, oltre al convento, potesse essere eretta una struttura simile alla "Sainte Chapelle" di Parigi, dunque, la prima cappella gotica ad ovest del Mississippi. Il progetto fu affidato all'architetto P. Mouly, noto per la sua perizia e capacità: aveva, tra l'altro, realizzato la cattedrale di Santa Fe. I lavori durarono cinque anni. La cappella misurava 22,5 metri di lunghezza, era larga metri 7,5 ed alta metri 25,5.
L'opera terminata era esteticamente ammirevole. La galleria, gli archi, la navata riuscivano a dare il senso del divino, a coinvolgere e a creare l'idoneo raccoglimento. Ciò che sconvolse le suore fu il doversi accorgere, di colpo, che il coro non era accessibile, dal momento che non era stata né progettata né dunque costruita una scala apposita per potervi accedere dalla tribuna. D'acchito si cercò l'architetto progettista, nel tentativo di riuscire a tamponare l'errore, ma questi era da poco deceduto.
Vennero a questo punto contattati diversi ingegneri, i quali emisero unanimemente un triste verdetto: il danno era irreparabile, lo spazio non era sufficiente alla costruzione di una scala. L'unica alternativa era costituita dalla edificazione di una nuova galleria, o, altrimenti, la costruzione di una scala a chiocciola, sicuramente in usuale.
Le suore si comportarono nell'unico modo nel quale può comportarsi un cristiano dinanzi alle difficoltà: ossia, memori dell'aforisma: «Quando pare non ci sia più nulla da fare, si può ancora pregare», decisero di iniziare una novena a San Giuseppe (sotto il cui patronato era stata posta la cappella), nella sicura speranza che il Cielo non le avrebbe abbandonate in una situazione così incresciosa. Per nove giorni e nove notti, senza sosta, elevarono preghiere al patrono dei falegnami, affinché potesse intercedere in loro favore.
Il nono giorno, inaspettatamente, si presentò alla porta del loro convento un uomo strano, con i capelli grigi, accompagnato da un asino carico di piccoli e semplici strumenti da lavoro. Questi chiese di poter conferire con su or Maddalena, la superiora, e manifestò la volontà di costruire lui stesso la scala mancante. La religiosa accolse di buon grado la proposta di quest'uomo, anche se non era stato da loro interpellato.
Il falegname iniziò a lavorare dentro la cappella e chiese di essere lasciato solo mentre si adoperava per la riuscita della sua opera. Ogni tanto, però, qualche consorella riusciva a sbirciare e la perplessità era pressoché di tutte: l'uomo, infatti, si serviva soltanto di una sega, un goniometro e un martello. Invece dei chiodi utilizzava cavicchi. Tra le stranezze notavano poi che immergeva dei pezzi di legno in secchi d'acqua: insomma, oggetti poveri e usati in maniera quantomeno atipica. Per rispetto, non vollero intromettersi e restarono ad attendere la conclusione dell'operato.
Dopo tre mesi la scala poteva dirsi pronta e se fino ad ora si poteva parlare di coincidenze, stranezze, atipicità, adesso bisognava ammettere l'inspiegabile. La scala consisteva appunto in una doppia spirale apparentemente sospesa senza punti d'appoggio, assemblata senza alcun chiodo e realizzata con una tipo di legno assolutamente sconosciuto.
Quando madre Maddalena volle pagare il carpentiere per il lavoro svolto, non riuscì a trovarlo, essendo scomparso.
Le suore volevano sdebitarsi e fecero tutto il possibile per rintracciarlo, senza alcun esito positivo. Nessuno, infatti lo conosceva né l'aveva mai visto prima di allora.
Torniamo alla scala, denominata, non dunque senza motivo "scala santa".
Essa è composta da trentatre gradini (gli anni di Gesù) che girano su due spirali di 3600 esatti. Il fatto inconcepibile è che il tutto è senza alcun sostegno centrale. Non avendo alcun pilastro centrale per sostenerla, significa che tutto il peso deve gravare necessariamente sul primo gradino, un controsenso, assolutamente impensabile secondo le più elementari leggi della fisica e della statica. Le stesse suore temevano non poco a salire, consce del prodigio che le vedeva coinvolte.
Gli enigmi legati a quell'episodio non sono mai stati risolti: chi era quell'uomo? Da dove veniva? Come faceva a conoscere le necessità del convento? Come fece, da solo, a progettare e a realizzare la scala, una scala con la perfezione delle curve dei montanti irrealizzabile in quell'epoca? (il legno è raccordato sui Iati dei montanti da nove spacchi di innesto sull'esterno, e da sette sull'interno). Come riuscì nella sua impresa senza servirsi di chiodi e altri utensili indispensabili alla realizzazione? Come mai nessuno ebbe a sapere chi fosse? Da dove proveniva quel legno unico, che, ad oggi, nessuno sa classificare e appare sconosciuto agli studiosi? Come può una scala reggersi in equilibrio senza sostegno centrale e non crollare istantaneamente ma, al contrario, portare per decenni il peso quotidiano di centinaia di persone senza mostrare il benché minimo cedimento? Di più, senza presentare la minima traccia di usura inevitabile dopo quasi un secolo e mezzo? Le testimonianze parlano inoltre di una sorta di "leggerezza" che si avverte nel percorrere gli scalini.
La ragione non può dare risposta; forse, più semplicemente, bisogna ammettere, con Pascal, che l'ultimo stadio della ragione è riconoscere che vi sono una quantità infinita di cose che la superano.
Che sia stato veramente S. Giuseppe ad edificare quest'opera? Ciò che, in ogni caso, non lascia dubbi è l'inspiegabilità del susseguirsi degli eventi e il fatto che, ad oggi, resta un capolavoro vivente, visitato anche da non credenti i quali non possono che constatare l'oggettiva inspiegabilità della costruzione.
La scala santa attualmente attira oltre duecentocinquantamila visitatori l'anno, è meta di numerosi pellegrinaggi da ogni parte del mondo ed è da centotrentasette anni al centro del più singolare prodigio religioso architettonico mai esistito. 

(fonte: http://www.iltimone.org/news-timone/la-scala-santa-di-san-giuseppe/)

domenica 30 luglio 2017

LIBRI DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE!!!

Antonio Socci - "La guerra contro Gesù": lo consiglio veramente a TUTTI, sia ad atei convinti che ai cristiani, perché questo bravo giornalista ha fatto un enorme lavoro di studio, collezione e spiegazione di ogni singola prova scritta, storica, archeologica, e scientifica sui Vangeli, su Gesù, sugli Apostoli, sui miracoli e sulla religione cristiana, illustrando bene che tutti gli attacchi ad ogni singola prova che abbiamo dai soliti anticristiani loro non hanno nemmeno una singola prova; sono solo critiche fondate sul nulla e così resta in piedi da solo tutto il nostro credo in Gesù Cristo e nella sua Chiesa millenaria. Dopo la lettura crederete ancora di più!

Rodney Stark - "False Testimonianze - come smascherare alcuni secoli di storia anticattolica": sono rimasta stupita dalla gran quantità di bugie e storielle inventate in questi secoli contro la Chiesa Cattolica, soprattutto da anti-cristiani illuministi, che vengono fatte spacciare per verità ancora oggi e perfino studiate nelle scuole!!! Dopo questa lettura sono ancora più orgogliosa di essere cattolica e consiglio a TUTTI di leggerlo. Davvero: regalatelo o prestatelo a tutti quelli che odiano la Chiesa e gli danno la colpa di qualunque cosa! Saranno euro ben spesi!

lunedì 20 marzo 2017

INCREDIBILE ESPERIENZA DI PREMORTE DI UN SACERDOTE

Dopo un incidente un sacerdote viene portato a visitare Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Un Prete cattolico della Florida settentrionale afferma che durante un’”esperienza di premorte” (NDE, Near Death Experience) gli sarebbe stato mostrato l’aldilà, avrebbe anche visto sacerdoti e perfino vescovi sia in paradiso che nell’inferno.
Il sacerdote è Don Jose Maniyangat, della chiesa di S. Maria in Macclenny, e afferma che l’evento sarebbe avvenuto il 14 aprile 1985 – domenica della Divina Misericordia – quando ancora viveva nel suo Paese natale, l’India. Vi presentiamo questo caso lasciandolo al vostro discernimento.


Ora 54enne e ordinato sacerdote nel 1975, Don Maniyangat ricorda che si stava recando ad una missione per celebrare la Messa quando la moto che stava guidando – un mezzo di trasporto molto comune in quei luoghi – venne travolto da una jeep condotta da un uomo ubriaco.
Don Maniyangat ha raccontato a Spirit Daily che dopo l’incidente venne trasportato d’urgenza in un ospedale distante più di 50 chilometri e durante il tragitto accadde che «la mia anima uscì fuori dal corpo. Immediatamente vidi il mio angelo custode», spiega Don Maniyangat. «Inoltre vidi il mio corpo e le persone che mi stavano trasportando all’ospedale. Stavano gridando, e subito l’angelo mi disse, “Sto per portarti in Cielo. Il Signore desidera incontrarti”. Disse però che prima voleva mostrarmi l’inferno e il purgatorio».
Don Maniyangat afferma che in quel momento, in un’orribile visione, l’inferno si aprì davanti ai suoi occhi. Era spaventoso. «Vidi Satana e persone che lottavano, che venivano torturate, e che gridavano» racconta il sacerdote. «E c’era anche il fuoco. Vidi il fuoco. Vidi persone che soffrivano e l’angelo mi disse che ciò era dovuto ai peccati mortali e al fatto che non si erano pentite. Quello era il punto. Erano impenitenti».
Il sacerdote racconta che gli venne spiegato che ci sono sette “gradi” o livelli di sofferenza negli inferi. Coloro che in vita hanno commesso “peccato mortale dopo peccato mortale” soffrono il calore più intenso. “Avevano dei corpi ed erano molto brutti, tanto crudeli e brutti, orribili”, dice Don Maniyangat.
«Erano umani ma erano come mostri: spaventosi, delle cose dall’aspetto molto brutto. Ho visto persone che conoscevo ma non posso dire chi erano. L’angelo mi disse che non mi era permesso rivelarlo».
I peccati che li avevano condotti in quella condizione – spiega il sacerdote – erano trasgressioni come l’aborto, l’omosessualità, l’odio e il sacrilegio. Se si fossero pentiti, sarebbero andati in purgatorio – gli avrebbe detto l’angelo. Don Jose rimase sorpreso delle persone che vide nell’inferno. Alcuni erano sacerdoti, altri erano vescovi. «Ce n’erano molti, perché avevano fuorviato la gente» afferma il sacerdote […]. «Erano persone che non mi sarei mai aspettato di trovare la».

Dopo di ciò, il purgatorio gli si aprì innanzi. Anche lì ci sono sette livelli – dice Maniyangat – e c’è il fuoco, ma è molto meno intenso di quello dell’inferno, e là non c’erano “liti o lotte”. La sofferenza principale è data dal fatto che non possono vedere Dio. Il sacerdote afferma che le anime che erano in purgatorio potevano aver commesso numerosi peccati mortali, ma erano arrivate là in virtù del semplice pentimento – ed ora avevano la gioia di sapere che un giorno sarebbero andate in Cielo. “Ho avuto la possibilità di comunicare con le anime”, dice Don Maniyangat, che dà l’impressione di essere una persona pia e santa. «Mi hanno chiesto di pregare per loro e di chiedere anche alla gente di pregare per loro». Il suo angelo, che era “molto bello, luminoso e bianco”, difficile da descrivere a parole – dice Don Maniyangat, lo portò a quel punto in Paradiso. Allora un tunnel – come quello descritto in tanti casi di esperienze di premorte – si materializzò.
«Il Paradiso si aprì ed io sentii la musica, gli angeli che cantavano e che lodavano Dio» racconta il sacerdote. «Una musica bellissima. Non ho mai sentito una musica come quella in questo mondo. Ho visto Dio faccia a faccia, e Gesù e Maria, erano così luminosi e sfolgoranti. Gesù mi disse, “Ho bisogno di te. Voglio che torni indietro. Nella tua seconda vita, per il Mio popolo sarai uno strumento di guarigione, e camminerai in una terra straniera e parlerai una lingua straniera”.». Di lì ad un anno, Don Maniyangat si trovava appunto in una terra lontana chiamata Stati Uniti.
Il sacerdote dice che il Signore era molto più bello di qualsiasi immagine esistente su questa terra. Il Suo Volto somigliava a quello del Sacro Cuore, ma era molto più luminoso, dice Don Maniyangat, che paragona questa luce a quella di “mille soli”. La Madonna era accanto a Gesù. Anche in questo caso sottolinea che, le rappresentazioni terrene sono “solo un’ombra” di come Maria SS. è realmente. Il sacerdote afferma che la Vergine gli disse semplicemente di fare tutto ciò che suo Figlio aveva detto.
Il Paradiso, dice il sacerdote, ha una bellezza, una pace, e una felicità che sono “un milione di volte” superiori a qualsiasi cosa che conosciamo sulla terra.
«Ho visto anche là sacerdoti e vescovi», nota Don Jose. «Le nuvole erano differenti – non scure o cupe, ma splendenti. Bellissime. Molto luminose. E c’erano fiumi che erano differenti da quelli che si vedono qui. E’ quella la nostra vera casa. Non ho sperimentato mai nella mia vita quel genere di pace e di gioia».
Maniyangat dice che la Madonna e il suo angelo gli appaiono ancora. La Vergine appare ogni primo sabato, durante la meditazione mattutina. «E’ personale, e serve per guidarmi nel mio ministero», spiega il pastore, la cui chiesa si trova a trenta miglia dal centro di Jacksonville. «Le apparizioni sono private, non pubbliche. Il suo viso è sempre lo stesso, ma un giorno appare con il Bambino, un giorno come Nostra Signora delle Grazie, o come Nostra Signora dei Dolori. A seconda dell’occasione appare in modi diversi. Mi ha detto che il mondo è pieno di peccato e mi ha chiesto di digiunare, pregare e offrire la Messa per il mondo, perché Dio non lo punisca. Abbiamo bisogno di più preghiera. È preoccupata per il futuro del mondo a causa dell’aborto, dell’omosessualità e dell’eutanasia. Ha detto che se la gente non ritorna a Dio, ci sarà il Castigo».
Il messaggio principale, tuttavia, è di speranza: come tanti altri, Don Maniyangat ha visto che l’aldilà era pieno di una luce che guarisce, e al suo ritorno ha portato con sé un po’ di quella luce. Qualche tempo dopo ha fondato un ministero di guarigione e dice di aver visto persone guarire da ogni tipo di malattia, dall’asma fino al cancro. […]
E’ stato mai attaccato dal diavolo? Sì, particolarmente prima delle funzioni religiose. E’ stato vessato. È stato assalito fisicamente. Ma questo è niente – afferma lui – in confronto alla grazia che ha ricevuto.
Ci sono casi di cancro, AIDS, problemi di cuore, ischemia arteriosa. Molte persone attorno a lui sperimentano il cosiddetto “riposo dello spirito” [la persona cade a terra e vi resta per un po’ di tempo in una specie di “sonno”; N.d.R.]. E quando accade ciò, sentono in loro la pace e a volte vengono segnalate anche guarigioni che sono un assaggio di ciò che lui ha visto e vissuto in Paradiso.


Dall’articolo di Michael H. Brown “Priest says that in brush with death he saw priests and bishops in hell, heaven”, dal sito Spirit Daily