domenica 30 settembre 2018

PREGHIERA CHE VALE 9 ROSARI

Una pastorella della Baviera il 20/06/1646 si trovava con il suo gregge al pascolo.
Lì c’era un’immagine della Madonna davanti alla quale la ragazzina aveva promesso che avrebbe recitato tutti i giorni nove Rosari.
Sopravvenne un grande caldo su quella regione e il bestiame non le lasciò il tempo di pregare. Le apparve allora la nostra Cara Signora e le promise di insegnarle una preghiera che avrebbe avuto lo stesso valore della recita di nove Rosari.
Ebbe dalla Signora l’incarico di insegnarla ad altri.
La pastorella, però, tenne per sé la preghiera e il messaggio fino alla morte. L’anima sua, dopo la morte, non riuscì ad avere la pace; Dio le diede la grazia di manifestarsi ed ella disse che non avrebbe trovato la pace, se non avesse rivelato questa preghiera agli uomini, dato che la sua anima era vagante.
Riuscì così a conseguire la pace eterna.
La riportiamo di seguito ricordando che, recitata per tre volte dopo un Rosario, corrisponde all’equivalente impegno di nove Rosari:
“PREGHIERA DI SALUTO”
(da ripetersi per 3 volte dopo il Rosario)
Dio Ti saluta, o Maria. Dio Ti saluta, o Maria. Dio Ti saluta, o Maria.
O Maria, io Ti saluto 33.000 (trentatremila) volte,
come ti ha salutato l’arcangelo San Gabriele.
E’ gioia per il Tuo Cuore ed anche per il mio cuore, che l’Arcangelo Ti abbia portato il saluto del Cristo.
Ave, o Maria…
(da paolotescione.altervista.org)

LA GRANDE PROMESSA DI SAN GIUSEPPE

Fra Giovanni da Fano (1469-1539) descrisse un’apparizione di San Giuseppe a due giovani frati, dalla quale nacque nella Chiesa la devozione dei “Sette dolori e gioie di San Giuseppe”, indulgenziata da grandi Pontefici quali Pio VII, Gregorio XVI e Pio IX.

Ecco quanto egli riferì: “Mi narrò un frate minore dell’Osservanza, degno di fede, che, essendo due frati del detto Ordine in una nave che andava in Fiandra, con circa trecento persone, ebbe per otto giorni grandissima tempesta.
Uno di quei frati era predicatore e devotissimo di San Giuseppe, al quale con tutto il cuore si raccomandava.
La nave si sommerse con tutti quegli uomini e il frate, con il suo compagno, si trovarono nel mare sopra una tavola, sempre raccomandandosi con grandissima fede a San Giuseppe.
Il terzo giorno apparve in mezzo alla tavola un bellissimo giovane che, con la faccia allegra, salutandoli, disse: “Dio vi aiuta, non dubitate!”.
Detto questo, tutti e tre con la tavola si trovarono a terra.
Allora i frati, inginocchiati, con molta devozione ringraziarono il giovane, poi il predicatore disse:
“O nobilissimo giovane, Vi prego per amor di Dio che mi diciate chi Voi siete!”.
E Lui rispose: “Io sono San Giuseppe, degnissimo Sposo della beatissima Madre di Dio, al quale tanto vi siete raccomandati. E per questo, dal benignissimo Signore sono stato mandato a liberarvi. E sappiate che se questo non era, voi sareste annegati insieme con gli altri. Ho impetrato dalla divina clemenza infinita che qualunque persona dirà ogni giorno, tutto un anno, sette Padre Nostro e sette Ave Maria a riverenza dei sette dolori che io ebbi nel mondo ottenga da Dio ogni grazia, purché sia giusta” (ossia conveniente, conforme al proprio bene spirituale).

SETTE DOLORI E GIOIE DI SAN GIUSEPPE
Da recitarsi tutti i giorni, per un anno intero, per ottenere grazie

1. Sposo purissimo di Maria Santissima, grandi furono le angosce del tuo cuore,
agitato dal timore di dover abbandonare la tua amatissima Sposa, perché divenuta Madre di Dio; ma ineffabile fu anche la gioia che provasti, quando l’Angelo ti rivelò il grande mistero dell’Incarnazione. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ti preghiamo di soccorrerci ora con la grazia di una buona vita
e, un giorno, con il conforto di una santa morte, somigliante alla tua, accanto a Gesù e a Maria. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

2. Felicissimo Patriarca, che fosti elevato all’eccelsa dignità di Padre verginale del Verbo incarnato, il dolore che provasti nel veder nascere il Bambino Gesù in tanta povertà ed indifferenza della gente si cambiò subito in gioia, all’udire il canto degli Angeli e all’assistere all’omaggio reso al Bambino dai pastori e dai Magi. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ti supplichiamo d’ottenerci
che, dopo il cammino di questa vita terrena, possiamo godere eternamente degli splendori della gloria celeste. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

3. Glorioso San Giuseppe, il Sangue che il Bambino Gesù sparse nella Circoncisione ti trafisse il Cuore, ma ti consolò il tuo compito di Padre d’imporre al Bambino il nome di Gesù. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia ottienici che, purificati da ogni peccato, possiamo vivere col nome di Gesù sulle labbra e nel cuore. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

4. Fedelissimo San Giuseppe, che fosti partecipe dei misteri della Redenzione, se la profezia di Simeone su ciò che Gesù e Maria avrebbero dovuto patire trafisse anche il tuo Cuore, ti consolò però la certezza che molte anime si sarebbero salvate per la Passione e Morte di Gesù. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ottienici che anche noi possiamo essere nel numero degli eletti. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

5. Sollecito Custode del Figlio di Dio, quanto soffristi nel dover portare in salvo
dal re Erode il Figlio dell’Altissimo! Ma quanto gioisti, avendo sempre con te il tuo Dio, insieme a Maria, tua amatissima Sposa! Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, impetraci che, allontanando da noi ogni occasione di peccato, possiamo vivere santamente, nel servizio del Signore e per il bene del prossimo. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

6. Angelo protettore della Santa Famiglia, che ai tuoi cenni ammirasti soggetto il Re del Cielo, se la tua gioia nel ricondurla dall’Egitto si turbò per timore di Archelao, avvertito dall’Angelo, con Gesù e Maria dimorasti a Nazareth in piena letizia fino alla fine della tua vita terrena. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ottienici che, liberati da ogni ansia, possiamo vivere serenamente e giungere un giorno ad una santa morte, assistiti da Gesù e Maria. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.

7. Giuseppe santissimo, tu che smarristi senza tua colpa il fanciullo Gesù, con ansia e dolore lo cercasti per tre giorni, finché con somma gioia lo ritrovasti nel Tempio fra i dottori. Per questo tuo dolore e per questa tua gioia, ti supplichiamo che non ci avvenga mai di perdere Gesù a causa dei nostri peccati; ma, se per disgrazia lo perdessimo, ottienici di ricercarlo prontamente, per goderlo in Cielo, dove in eterno canteremo con Te e la divina Madre la sua divina Misericordia. Padre Nostro, Ave Maria, Gloria.
(da paolotescione.altervista.org)

giovedì 9 agosto 2018

LA SCALA MIRACOLOSA DI S. GIUSEPPE


Siamo nel 1872 in America, precisamente a Santa Fe, capitale del New Mexico. Il vescovo locale, Jean Baptiste Lamy, decide di far costruire una cappella, precisamente la cappella di Loretto (sì, con due T, il nome inglese infatti suona come: Sisters of Loretto) per poter fornire un luogo di culto alle suore appena stabilitesi, dopo una peregrinazione che le vide attraversare il Sud-Ovest degli Stati Uniti, il Kentucky, il Missouri ed il Kansas.
Le suore (quattro, la superiora suor Madeleine, Suor Catherine, Suor Hilaire e Suor Robert) appena giunte sul posto iniziarono dunque ad appaltare i lavori adiacenti alla loro semplice abitazione, affinché, oltre al convento, potesse essere eretta una struttura simile alla "Sainte Chapelle" di Parigi, dunque, la prima cappella gotica ad ovest del Mississippi. Il progetto fu affidato all'architetto P. Mouly, noto per la sua perizia e capacità: aveva, tra l'altro, realizzato la cattedrale di Santa Fe. I lavori durarono cinque anni. La cappella misurava 22,5 metri di lunghezza, era larga metri 7,5 ed alta metri 25,5.
L'opera terminata era esteticamente ammirevole. La galleria, gli archi, la navata riuscivano a dare il senso del divino, a coinvolgere e a creare l'idoneo raccoglimento. Ciò che sconvolse le suore fu il doversi accorgere, di colpo, che il coro non era accessibile, dal momento che non era stata né progettata né dunque costruita una scala apposita per potervi accedere dalla tribuna. D'acchito si cercò l'architetto progettista, nel tentativo di riuscire a tamponare l'errore, ma questi era da poco deceduto.
Vennero a questo punto contattati diversi ingegneri, i quali emisero unanimemente un triste verdetto: il danno era irreparabile, lo spazio non era sufficiente alla costruzione di una scala. L'unica alternativa era costituita dalla edificazione di una nuova galleria, o, altrimenti, la costruzione di una scala a chiocciola, sicuramente in usuale.
Le suore si comportarono nell'unico modo nel quale può comportarsi un cristiano dinanzi alle difficoltà: ossia, memori dell'aforisma: «Quando pare non ci sia più nulla da fare, si può ancora pregare», decisero di iniziare una novena a San Giuseppe (sotto il cui patronato era stata posta la cappella), nella sicura speranza che il Cielo non le avrebbe abbandonate in una situazione così incresciosa. Per nove giorni e nove notti, senza sosta, elevarono preghiere al patrono dei falegnami, affinché potesse intercedere in loro favore.
Il nono giorno, inaspettatamente, si presentò alla porta del loro convento un uomo strano, con i capelli grigi, accompagnato da un asino carico di piccoli e semplici strumenti da lavoro. Questi chiese di poter conferire con su or Maddalena, la superiora, e manifestò la volontà di costruire lui stesso la scala mancante. La religiosa accolse di buon grado la proposta di quest'uomo, anche se non era stato da loro interpellato.
Il falegname iniziò a lavorare dentro la cappella e chiese di essere lasciato solo mentre si adoperava per la riuscita della sua opera. Ogni tanto, però, qualche consorella riusciva a sbirciare e la perplessità era pressoché di tutte: l'uomo, infatti, si serviva soltanto di una sega, un goniometro e un martello. Invece dei chiodi utilizzava cavicchi. Tra le stranezze notavano poi che immergeva dei pezzi di legno in secchi d'acqua: insomma, oggetti poveri e usati in maniera quantomeno atipica. Per rispetto, non vollero intromettersi e restarono ad attendere la conclusione dell'operato.
Dopo tre mesi la scala poteva dirsi pronta e se fino ad ora si poteva parlare di coincidenze, stranezze, atipicità, adesso bisognava ammettere l'inspiegabile. La scala consisteva appunto in una doppia spirale apparentemente sospesa senza punti d'appoggio, assemblata senza alcun chiodo e realizzata con una tipo di legno assolutamente sconosciuto.
Quando madre Maddalena volle pagare il carpentiere per il lavoro svolto, non riuscì a trovarlo, essendo scomparso.
Le suore volevano sdebitarsi e fecero tutto il possibile per rintracciarlo, senza alcun esito positivo. Nessuno, infatti lo conosceva né l'aveva mai visto prima di allora.
Torniamo alla scala, denominata, non dunque senza motivo "scala santa".
Essa è composta da trentatre gradini (gli anni di Gesù) che girano su due spirali di 3600 esatti. Il fatto inconcepibile è che il tutto è senza alcun sostegno centrale. Non avendo alcun pilastro centrale per sostenerla, significa che tutto il peso deve gravare necessariamente sul primo gradino, un controsenso, assolutamente impensabile secondo le più elementari leggi della fisica e della statica. Le stesse suore temevano non poco a salire, consce del prodigio che le vedeva coinvolte.
Gli enigmi legati a quell'episodio non sono mai stati risolti: chi era quell'uomo? Da dove veniva? Come faceva a conoscere le necessità del convento? Come fece, da solo, a progettare e a realizzare la scala, una scala con la perfezione delle curve dei montanti irrealizzabile in quell'epoca? (il legno è raccordato sui Iati dei montanti da nove spacchi di innesto sull'esterno, e da sette sull'interno). Come riuscì nella sua impresa senza servirsi di chiodi e altri utensili indispensabili alla realizzazione? Come mai nessuno ebbe a sapere chi fosse? Da dove proveniva quel legno unico, che, ad oggi, nessuno sa classificare e appare sconosciuto agli studiosi? Come può una scala reggersi in equilibrio senza sostegno centrale e non crollare istantaneamente ma, al contrario, portare per decenni il peso quotidiano di centinaia di persone senza mostrare il benché minimo cedimento? Di più, senza presentare la minima traccia di usura inevitabile dopo quasi un secolo e mezzo? Le testimonianze parlano inoltre di una sorta di "leggerezza" che si avverte nel percorrere gli scalini.
La ragione non può dare risposta; forse, più semplicemente, bisogna ammettere, con Pascal, che l'ultimo stadio della ragione è riconoscere che vi sono una quantità infinita di cose che la superano.
Che sia stato veramente S. Giuseppe ad edificare quest'opera? Ciò che, in ogni caso, non lascia dubbi è l'inspiegabilità del susseguirsi degli eventi e il fatto che, ad oggi, resta un capolavoro vivente, visitato anche da non credenti i quali non possono che constatare l'oggettiva inspiegabilità della costruzione.
La scala santa attualmente attira oltre duecentocinquantamila visitatori l'anno, è meta di numerosi pellegrinaggi da ogni parte del mondo ed è da centotrentasette anni al centro del più singolare prodigio religioso architettonico mai esistito. 

(fonte: http://www.iltimone.org/news-timone/la-scala-santa-di-san-giuseppe/)