giovedì 1 dicembre 2011

DEVOZIONE A GESU’ NEL GETHSEMANI



Le promesse di Gesù:



Dal mio Cuore sempre partono voci di amore che in­vadono le anime, le scaldano e, a volte, le bruciano. E' la voce del Cuore mio che si propaga e raggiunge anche quelli che non vogliono sentirmi e che, perciò, non si accorgono di me. Ma a tutti parlo interiormente, a tutti mando la mia voce, perché tutti amo. Chi conosce la legge dell'amore non si meraviglia se Io insisto a dire che non posso non pic­chiare alle porte di quelli che mi resistono e che il rifiuto che spesso ne ottengo mi costringe - per così dire - a ripete­re il richiamo, l'invito, l'offerta. Ora, queste mie voci tutte calde d'amore, che partono dal Cuore mio, che altro sono se non l'amorosa volontà di un Dio amante che vuole salvare? Ma so assai bene che i miei inviti disinteressati non giovano a tanti e che i pochi che li accettano devono anche essi fare notevoli sforzi per accogliermi. Ebbene voglio dimostrarmi generoso (quasi che finora non lo fossi stato) e lo fo dandovi una preziosa gemma dell'amore mio per testimonianza dell'affetto sin­cero che Io nutro per tutti. Così, ho deciso di aprire una di­ga per lasciar passare il fiume di grazia che il mio cuore non può contenere più. Ed ecco cosa offro a tutti in cambio di un pò d'amore:

Re­missione di tutte le colpe e certezza di salvezza in punto di morte a chi pensa, una volta al giorno, almeno, alle pene che provai nell'Orto del Gethsemani;
Contrizione perfetta e du­ratura a chi faccia celebrare una Messa in onore di quelle stesse pene;
Riuscita nelle faccende spirituali a coloro che inculcheranno agli altri l'amore alle pene dolorosissime del mio Gethsemani.
Infine, per dimostravi che voglio proprio rompere una diga del mio Cuore e darvi un fiume di grazia, Io prometto a chi si farà promotore della devozione al mio Gethsemani queste altre tre cose:
1) Vittoria completa e defini­tiva nella maggiore tentazione cui è soggetto;
2) Potere diretto di liberare anime dal Purgatorio;
3) Grande luce per compiere la mia volontà.
Tutti questi doni miei Io farò con certezza a quelli che faranno le cose che ho dette, con amore e compassione per la mia spaventosa agonia del Gethsemani.

(agosto del 1963)

PREGHIERA A GESU' AGONIZZANTE NEL GETHSEMANI

O Gesù, che nell'eccesso del tuo amore e per vincere la durezza dei nostri cuori, doni tante grazie a chi medita e propaga la devozione della tua SS. Passione del Gethsemani, ti prego di vo­ler disporre il cuore e l'anima mia a pensare spes­so alla tua amarissima Agonia nell'Orto, per compatirti e unirmi a te il più possibile. Gesù benedetto, che sopportasti in quella notte il peso di tutte le nostre colpe e che per esse hai pagato completamente, fammi il grandissimo dono di una perfetta contrizione per le mie nu­merose colpe che ti fecero sudare sangue. Gesù benedetto, per la tua fortissima lotta del Gethsemani, dammi di poter riportare com­pleta e definitiva vittoria nelle tentazioni e spe­cialmente in quella cui vado maggiormente sog­getto. O Gesù appassionato, per le ansie, i timori e le sconosciute ma intensissime pene che hai sof­ferto nella notte in cui fosti tradito, dammi una grande luce per compiere la tua volontà e fammi pensare e ripensare all'enorme sforzo e alla impressionante lotta che vittoriosamente sostenesti per fare non la tua ma la volontà del Padre. Sii benedetto, o Gesù, per l'agonia e le lacri­me che versasti in quella notte santissima. Sii be­nedetto, o Gesù, per il sudore di sangue che ave­sti e per le angoscie mortali che provasti nella più agghiacciante solitudine che mai uomo potrà concepire. Sii benedetto, o Gesù dolcissimo ma immensamente amareggiato, per la preghiera umanissima e divinissima che sgorgò dal tuo Cuore agonizzante nella notte dell'ingratitudine e del tradimento. Eterno Padre, ti offro tutte le Sante Messe passate, presenti e future unito a Gesù agoniz­zante nell'Orto degli ulivi. Santissima Trinità, fa che si diffonda nel mondo la conoscenza e l'amore per la SS. Passio­ne del Gethsemani. Fà, o Gesù, che tutti coloro che ti amano, vedendoti crocifisso, ricordino anche le inaudite pene tue nell'Orto e, seguendo il tuo esempio, imparino a ben pregare, combattere e vincere per poterti poi glorificare eternamente in cielo. Cosi sia.

23.XI.1963
Con approvazione ecclesiastica + Macario, Vescovo di Fabriano

PAROLE DI GESU'

Nel Gethsemani conobbi i peccati di tutti gli uomi­ni. Fui fatto quindi: ladro, assassino, adultero, bugiardo, sacrilego, bestemmiatore, calunniatore e ribelle al Padre che invece ho sempre amato. Io, puro, ho risposto al Padre come se fossi macchiato di tutte le impurità. Ed in questo, appunto è consistito il Mio su­dare sangue: nel contrasto del Mio amore per il Padre e la Sua volontà che voleva addossarmi tutto il marciume dei Miei fratelli. Ma ho obbedito, sino alla fine ho obbedito e per amo­re di tutti mi sono ricoperto di ogni macchia, pur di fare il volere di Mio Padre e salvarvi dalla perdizione eterna. Nessuno crederà che molto più soffrii allora anziché sulla Croce, pur tanto e tanto dolorosa, perché chiaramente ed insistentemente Mi fu mostrato che i peccati di tutti erano fatti Miei ed Io dovevo risponderne per ciascuno. Sicché Io, innocente, ho risposto al Padre come se fos­si veramente colpevole di disonestà. Considera, perciò, quante agonie più che mortali ho avuto in quella notte e, credimi, nessuno poteva alleggerir­mi di tali spasimi, perché, anzi, vedevo che ognuno di voi si è adoperato per rendermi crudelissima la morte che ad ogni attimo Mi veniva data per le offese di cui ho pagato in­teramente il riscatto. Più di quanto l'uomo può capire ed oltre ogni immagi­nazione, provai in Me stesso abbandono, dolore e morte. Nessuna grandezza maggiore potete attribuirmi che questa: essere divenuto centro, bersaglio di tutte le colpe vo­stre. Immensamente conobbi il peso delle offese che al Pa­dre Mio furono e sarebbero state fatte. La Mia Divinità, avendo preso per suo proprio stru­mento la Mia Umanità, Mi partecipava la bruttezza che na­sconde la ribellione e la conseguente disubbidienza, tra­sformando il tutto in gemiti e martirii nell'Anima e nel Corpo. Ma un solo istante sarebbe bastato, un solo Mio sospi­ro avrebbe potuto operare la Redenzione per la quale ero stato inviato; eppure moltiplicai questi sospiri, prolungai il Mio vivere quaggiù, perché Sapienza e Amore così volevano. Giunto, però, alla fine volli come intensificare in Me stesso ogni genere di patimenti: vidi tutto ciò che dovevo redimere e che tutto Mi era addossato come cose Mie. Fù lì, nell'Orto, il culmine del dolore e Uomo quale Io volli essere, fui atterrato, sopraffatto, fisicamente distrutto. Venne l'Angelo Mio e mi ristorò mostrandomi le pene che altre Mie creature fedeli avrebbero sofferto per questo Mio soffrire; non gloria Mi fu mostrata ma amore, compas­sione, unione. Ecco come ripresi animo, ecco come diedi a Me stesso sollievo e forza. Pianto e lotta, sangue e vittoria, ho portato agli uomi­ni, ingrati ed immemori, per quella notte di grande scon­forto. Fu notte di redenzione, in cui Mi sostituii ad ogni pecca­tore e ne presi ogni colpa, ma, oltre a ciò volli racchiudere an­che le pene tutte degli uomini e soffrirne intensamente. Miei cari, il Gethsemani è un mare senza confini, un oceano in carità nel quale ogni persona, ogni colpa, ogni dolore venne sommerso ed Io sentii realmente: non in via immaginaria, tutta la gravezza che nel mondo sarebbe di­scesa. Amore per il Padre, amore per gli uomini, Mi fecero vit­tima volontaria. Se uno di voi avesse potuto vederMi, sarebbe morto di spavento per il solo aspetto fisico che avevo preso. Poiché non trattavasi di un solo tipo di pena, non si trat­tava di un solo anelito, ma di mille, milioni di aneliti tutti compressi in Me. Io fui capace di abbracciare ogni vostra colpa e tutte le vostre sofferenze. Io solo sono stato capace di sentire, dico sentire, tutte le vostre pene, perché Io ero voi e voi eravate Me. Notte di tragedia, notte oscura per la Mia Anima che inoltravasi titubante fra gli ulivi del Gethsemani. Il Padre Mi preparava l'Altare sul quale Io, Sua Vitti­ma, dovevo essere Immolato. Io dovevo prendere le colpe degli altri e Colui che Mi aveva mandato, attendeva quella notte per dare agli uomini la misura del Suo Amore, col sacrificio totale di Me, Suo Fi­glio e Sua Prima Creatura. Laggiù fra gli ulivi del Gethsemani, il peccato degli uo­mini ebbe sconfitta definitiva perché fu in quel luogo che Io Mi Immolai e vinsi. E' vero che sarebbe bastato un solo sospiro nel mondo per dar redenzione a tutti, ma è anche vero che un'opera è completa quando raggiunge il culmine voluto, come dire che, essendo stabilito che Io pagassi per tutti sottoponen­domi alle umiliazioni della Passione, soltanto con la Im­molazione potevasi raggiungere lo scopo voluto dal Padre. Difatti, il merito fu infinito in Me, qualsiasi cosa Io fa­cessi, tuttavia la volontà Divina voleva la Mia umiliazione sotto la Sua potente mano, a titolo di completamento della Sua e Mia opera: perciò col Gethsemani si adempì la prima parte di tale volontà e la parte principalissima. Lentamente, quasi privo di forze, ero giunto ai piedi di quell'altare sul quale il Mio Sacrificio stava per iniziarsi e consumarsi. Che notte fu quella! Quale angoscia, nel Mio cuore, al pensiero, alla visione terrificante dei peccati degli uomini! Ero la Luce e non vedevo che tenebre; ero il Fuoco e non sentivo che gelo; ero l'Amore e non sentivo che il disamore; ero il Bene e non sentivo che il male; ero la Gioia e non avevo che tristezza, ero Dio e Mi vedevo un verme, ero il Cristo, l'Unto del Padre e Mi vedevo lordo e ributtante, ero la Dol­cezza e non sentivo che amarezza; ero il Giudice e subivo la condanna, la vostra condanna; ero il Santo, ma venivo tratta­to come il massimo peccatore; ero Gesù, ma sentivo chiamar­Mi soltanto con nomi di vitupero da satana; ero la vittima vo­lontaria, però la Mia stessa natura umana Mi faceva sentire tremore e debolezza e chiedeva l'allontanamento di tutta la sofferenza in cui trovavasi; si, ero l'Uomo di tutti i dolori cui era sfuggita la gioia della donazione di Me stesso che avevo fatto con trasporto tutto Divino. E tutte queste cose, perché? Ve l'ho già detto: Io ero voi, perché voi dovete divenire Me. La Mia Passione… Oh! che abisso di amarezze ha rac­chiuso! E come è lontano chi crede di conoscerla soltanto per­ché pensa alle sofferenze del Mio Corpo! Guardate al Gethsemani, guardatemi disfatto nell'Or­to e unitevi a Me! Torno oggi a voi per ricordarvi di guardare bene il Mio viso triste, di considerare meglio il Mio sudore di Sangue. Non vi interessa molto questa Passione sconosciuta? Non vi pare che merito più considerazione, migliore atten­zione? Anime Mie care! Tornate al Gethsemani, tornate con Me nel buio, nel dolore, nella compassione, nell'amore doloroso! E tu, come ti trovi ora? Intendi, dunque, che ti faccio simile a Me? Posa anche tu le tue ginocchia sulla terra del tuo sacri­ficio e dì con Me: Padre, se è possibile, allontana da me questo calice: pe­rò non si faccia la mia, ma la Tua volontà. E quando avrai detto con intima convinzione "fiat", allora cesserà tutto e sarai rinnovato nel Mio Amore. Guardate al Gethsemani, guardatemi disfatto, nell'Orto e unitevi a Me! Quanto a Me il soffrire che fu, ora Mi sarà dolcissimo se vi metterete nella considerazione delle Mie pene. Non teme­te di entrare con Me nel Gethsemani: Entrate e vedete. Se, poi, vi parteciperò sensibili ango­sce e solitudini, ritenetele Miei veri doni e non vi smarrite, ma con Me dite: Padre, non la mia volontà, ma la Tua si faccia! Pregatemi, perché voglio sia conosciuto come ho amato tutti voi in quell'ora di abbandono e di tristezza sen­za nome.

(dal libro: Anonimo del XX secolo - Parole di cielo - in 3 volumi - 7 ediz.)
Per richieste di libri e di pagelline da diffondere: tel. 0721/860753
Casella postale 28 - 61032 FANO (PS)

(da: preghiereagesuemaria)

PROMESSE DI MARIA A CHI PORTA SEMPRE CON SE' IL ROSARIO

(Promesse fatte dalla Vergine durante varie apparizioni)

1) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, saranno da me condotti a mio Figlio.
2) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, saranno da me aiutati nelle loro imprese.
3) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, impareranno ad amare la Parola e la Parola li farà liberi. Non saranno più schiavi.
4) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, ameranno sempre di più mio Figlio.
5) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno una conoscenza più profonda di mio Figlio nella loro vita quotidiana.
6) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno un desiderio profondo di vestire con decenza per non perdere la virtù della modestia.
7) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, cresceranno nella virtù della castità.
8) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno una coscienza più profonda dei loro peccati e cercheranno sinceramente di correggere la propria vita.
9) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno un profondo desiderio di diffondere il messaggio di Fatima.
10) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, sperimenteranno la grazia della mia intercessione.
11) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno pace nella loro vita giornaliera.
12) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, saranno ripieni di un profondo desiderio di recitare il S. Rosario e meditare i Misteri.
13) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, saranno confortati nei momenti di tristezza.
14) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, riceveranno il potere di prendere decisioni sagge illuminati dallo Spirito Santo.
15) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, saranno invasi da un profondo desiderio di portare oggetti benedetti.
16) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, venereranno il mio Cuore immacolato e il Sacro Cuore di mio Figlio.
17) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, non useranno il nome di Dio invano.
18) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno una profonda compassione per Cristo crocifisso e aumenterà il loro amore per Lui.
19) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, saranno guariti da malattie fisiche, mentali ed emozionali.
20) Tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario, avranno pace nelle proprie famiglie.

I DOLORI MENTALI DI GESU' NELLA SUA PASSIONE

«La Beata Camilla Battista racconta che il Signore ha familiarmente colloquiato con lei comunicandole rivelazioni che fa conoscere attraverso i suoi scritti. Uno di questi è l’opera “I dolori mentali di Gesù nella sua passione”, dolori interiori del Cuore umano del Salvatore che - afferma suor Battista - furono molto più forti di quelli fisici. Queste rivelazioni hanno favorito la sua vita di contemplazione e, lungo i secoli, quella di innumerevoli altre persone.».

† Angelo Fagiani
Arcivescovo di Camerino - San Severino Marche

Quello che qui segue sono quei dolori interiori di Cristo benedetto, che come ho detto mi fu comandato di scrivere.
Ma notate: quando io tornai a Camerino (nel 1484), qualche volta dicevo qualcosa di questi dolori interiori con le mie suore, per loro e mia consolazione. E, perchè esse non pensassero che fossero farina del mio sacco, dicevo che una suora, di quelle del monastero di Urbino aveva condiato a me queste cose.
Suor Pacifica mi pregò molte volte di scrivere queste cose. Io rispondevo che non le avrei mai scritte finchè non fosse morta quella suora.
Quando mi fu comandato (da Gesù) di scriverle, era già più di due anni che lei non mi aveva più parlato nè accennato all'argomento. Però dovendo io scriverli, li indirizzai a lei perchè allora era mia reverenda Abbadessa e io suo indegna vicaria, e finsi - come avevo detto - che una suora di quelle di urbino mi avesse confidato tali cose devote, perciò qualche volta scrivo: "Quella anima santa, quella anima beata mi disse così", e questo per dar fede all'oste affinchè i lettori non pensassero che fossi io.


GESU' FIGLIO DI MARIA

Queste sono alcune devotissime cose riguardanti i dolori interiori di Gesù Cristo benedetto, che Egli per sua pietà e grazia si degnò comunicare ad una devota religiosa del nostro Ordine di santa Chiara, la quale, volendolo Dio, li confidò a me.
Ora io le riferisco qui di seguito per utilità delle anime innamorate della passione di Cristo

PRIMO DOLORE che Cristo benedetto portò nel Suo Cuore per tutti i dannati

Vi fu un'anima molto desiderosa di cibarsi e saziarsi dei cibi, amarissimi come il veleno, della passione dell'amoroso e dolcissimo Gesù, la quale dopo molti anni e per meravigliosa sua grazia, fu introdotta nei dolori mentali del mare amarissimo del suo Cuore appassionato.
Lei mi disse che per molto tempo aveva pregato Dio che la facesse annegare nel mare dei suoi dolori interiori e che il dolcissimo Gesù si degnò per sua pietà e grazia introdurla in quel mare amplissimo non una sola volta, ma molte volte e in modo così straordinario tanto che era costretta a dire: "Basta, Signore mio, perchè non posso sostenere tanta pena!".
E questo - credo - perchè so che Egli è generoso e benigno verso chi domanda queste cose con umiltà e perseveranza.
Quell'anima benedetta mi disse che, quando si trovava in preghiera, diceva a Dio con grande fervore:
"O Signore, io ti prego di introdurmi in quel sacratissimo talamo dei tuoi dolori mentali. Annegami in quel mare amarissimo perchè li io desidero morire se piace a Te, dolce vita e amore mio.
Dimmi, o gesù mia speranza: quanto fu grande il dolore di questo tuo angustiato cuore?".
E Gesù benedetto le diceva:
"Sai quanto fu grande il mio dolore? Quanto fu grande l'amore che portavo alla creatura".
Quell'anima benedetta mi disse che già altre volte Dio l'aveva resa capace, per quanto a Lui era piaciuto, di accogliere l'amore che Egli portava alla creatura.
E sopra l'argomento dell'amore che Gesù portava alla creatura mi disse cose devote e tanto belle che, se le volessi scrivere, sarebbe una cosa lunga. Ma poichè ora intendo narrare solo i dolori mentali di Cristo benedetto che quella suora mi comunicò, tacerò il resto.
Torniamo dunque all'argomento.
Riferiva che quando Dio le diceva: "Tanto grande fu il dolore quanto grande era l'amore che portavo alla creatura", le sembrava di venir meno a causa dell'infinita grandezza dell'amore che le veniva partecipato. Solo all'udire quella parola, bisognava che appoggiasse la testa da qualche parte per il grande affanno che le attanagliava il cuore e per la debolezza che percepiva in tutte le sue membra. E dopo che era stata alquanto così, riprendeva un pò di forze e diceva:
"O Dio mio, avendomi detto quanto fu grande il dlore, dimmi quante furono le pene che hai portato nel tuo cuore".
Ed Egli le rispondeva dolcemente:
"Sappi, figliola, che furono innumerevoli ed infinite, perchè innumerevoli ed infinite sono le anime. mie membra, che si separavano da me per il peccato mortale. Ciascuna anima infatti si separa e disgiunge tante volte da me, suo Capo, per quante volte pecca mortalmente.
Questa fu una delle pene crudeli che io portai e sentii nel mio cuore: la lacerazione delle mie membra.
Pensa quanta sofferenza sente chi è martorizzato con la corda con cui vengono strappate le membra del suo corpo. Ora immagina che martirio fu il mio per tante membra da me separate quante saranno le anime donnate e ogni membro per tante volte quanto peccava mortalmente. La disgiunzione di un membro spirituale rispetto a quella fisica è mlto più dolorosa perchè è più preziosa l'anima rispetto al corpo.
Quanto sia più preziosa l'anima del corpo non lo puoi comprendere tu e nessuna altra persona vivente, perchè solo io conosco la nobiltà e l'utilità dell'anima e la miseria del corpo, perchè solo io ho creato sia l'una che l'altro. Di conseguenza nè tu nè altri potete essere veramente capaci di comprendere le mie crudelissime e amare pene.

E adesso parlo solo di questo, cioè delle anime dannate. Dato che nel modo di peccare si ha un caso più grave rispetto ad altro, così nel dismembramento da me provavo maggiore o minore pena da uno rispetto a un altro. Da ciò deriva la qualità e la quantità di pena.
Poichè vedevo che la loro perversa volontà sarebbe stata eterna, così la pena loro destinata è eterna, nell'inferno uno ha maggiore o minore pena rispetto all'altro per quanto più numerosi e maggiori peccati ha commesso l'uno rispetto all'altro.
Ma la pena crudele che mi straziava era vedere che le suddette infinite mie membra, cioè tutte le anime dannate, mai, mai e mai più si sarebbero riunite a me, loro vero Capo. Al di sopra di tutte le altre pene che hanno e che potranno avere eternamente quelle povere anime sventurate, è proprio questo "mai, mai" che in eterno le tormenta e tormenterà,
Mi straziò tanto questa pena del "mai, mai", che io avrei immediatamente scelto di patire non una volta sola ma infinite volte tutte le disgiunzioni che furono, sono e saranno, purchè avessi potuto vedere non tanto tutte, ma almeno un'anima sola riunirsi ai membri vivi o eletti che vivranno in eterno dello spirito di vita che procede da me, vera vita, che do vita ad ogni essere vivente.
Considera ora quanto mi sia cara un'anima se per riunirne a me una sola avrei voluto patire infinite volte tutte le pene e moltiplicate. Ma sappi anche che la pena di questo ""mai, mai" tanto affligge e accora per mia divina giustizia quelle anime, che anche loro ugualmente preferirebbero mille e infinite pene pur di sperare qualche istante di riunirsi qualche volta a me, loro vero Capo.
Come fu diversa la qualità e la quantità della pena che dettero a me nel separarsi da me, così per mia giustizia la pena è corrispondente al tipo e alla quantità di ogni peccato. E dato che sopra ogni altra cosa mi afflisse quel "mai, mai", così la mia giustizia esige che questo "mai, mai" addolori ed affligga loro più di ogni altra pena che hanno ed avranno in eterno.
Pensa dunque e rifletti quanta sofferenza per tutte le anime dannate io provai dentro di me e sentii nel mio cuore fino alla morte".


Quell'anima benedetta mi diceva che a questo punto sorgeva nella sua anima un santo desiderio, che credeva fosse per divina ispirazione, di presentargli il seguente dubbio. Allora con gran timore e riverenza per non sembrare volesse indagare sulla Trinità e tuttavia con somma semplicità, purezza e confidenza diceva:
"O dolce e addolorato Gesù mio, molte volte ho inteso dire che Tu hai portato e provato in Te, appassionato Dio, le pene di tutti i dannati. Se ti piacesse, Signore mio, vorrei sapere se è vero che Tu hai sentito quella varietà di pene dell'inferno, quali freddo, caldo, fuoco, percosse e il dilaniare le tue membra da parte degli spiriti infernali. Dimmi, o mio Signore, sentisti tu questo, o mio Gesù?
Solo per riferire quanto sto scrivendo, mi pare che mi si liquefaccia il cuore ripensando alla tua benignità nel parlare tanto dolcemente e a lungo con chi veramente ti cerca e desidera".
Allora Gesù benedetto rispondeva graziosamente e a lei pareva che tale domanda non gli fosse dispiaciuta, ma l'avesse gradita:
"Io, figliola mia, non sentii questa diversità delle pene dei dannati nel modo che tu dici, perchè erano membra morte e staccate da me, loro corpo e Capo.
Ti faccio questo esempio: se tu avessi una mano o un piede o qualsiasi altro membro, mentre viene tagliato o separato da te tu sentiresti grande e indicibile dolore e sofferenza; ma dopo che quella mano è stata tagliata, anche se fosse buttata nel fuoco, la straziassero o la dessero in pasto ai cani o ai lupi, tu non sentiresti nè sofferenza nè dolore perchè è ormai un membro putrido, morto e completamente separato dal corpo. Ma sapendo che fu un tuo membro, soffriresti molto nel vederlo gettato sul fuoco, straziato da qualcuno oppure divorato da lupi e cani.
Proprio così avvenne per me riguardo alle innumerevoli mie membra o anime dannate. Finchè durò lo smembramento e quindi ci fu speranza di vita io sentii impensabili ed infinite pene e anche tutti gli affanni che esse patirono durante questa vita, perchè fino alla loro morte vi era speranza di potersi riunire a me, se lo avessero voluto.
Ma dopo la morte non provai più alcuna pena perchè erano ormai membra morte, putride, staccate da me, tagliate e del tutto escluse dal vivere in eterno in me, vera vita.
Considerando però che erano state mie vere e proprie membra, mi causava una pena impensabile e incomprensibile il vederli nel fuoco eterno, in bocca agli spiriti infernali e in preda ad altre innumerevoli sofferenze.
Questo dunque è il dolore interiore che provai per i dannati
".

SECONDO DOLORE che Cristo benedetto portò nel suo Cuore per tutti i membri eletti.

"L'altro dolore che mi trafisse il cuore fu per tutti gli eletti.
Sappi infatti che tutto ciò che mi afflisse e tormentò per i membri dannati, allo stesso modo mi aflisse e tormentò per la separazione e disgiunzione da me di tutti i membri eletti che avrebbero peccato mortalmente.
Quanto erano grandi l'amore che eternamente avevo per loro e la vita alla quale essi si univano operando il bene e da cui si separavano peccando mortalmente, altrettanto era grande il dolore che sentii per loro, vere mie membra.
Il dolore che provai per i dannati differiva da quello che sentii per gli eletti solo in questo: per i dannati, essendo membra morte, non provai più la loro pena dato che erano separati da me con la morte; per gli eletti invece sentii e provai ogni loro pena e amarezza in vita e dopo la morte, cioè nella vita le sofferenze e i tormenti di tutti i tentati, le infermità di tutti i malati e poi persecuzioni, calunnie, esili. In breve, provai e sentii così chiaramente e vivamente ogni sofferenza piccola o grande di tutti gli eletti ancora in vita, come tu vivamente proveresti e sentiresti se ti percuotessero l'occhio, la mano, il piede o qualche altro membro del tuo corpo.
Pensa allora quanti furono i martiri e quante specie di torture sostenne ciascuno di essi e poi quante furono le sofferenze di tutti gli altri membri eletti e la varietà di quelle pene.
Considera questo: se tu avessi mille occhi, mille mani, mille piedi e mille altre membra e in ognuno di essi provassi mille diverse pene che contemporaneamente provocano un unico lancinante dolore, non ti sembrerebbe raffinato supplizio?
Ma le mie membra, figlila mia, non furono migliaia nè milioni, ma infinite. E nemmeno la varietà di quelle pene furono migliaia, ma innumerevoli, perchè tali furono le pene dei santi, martiri, vergini e confessori e di tutti gli altri eletti.
In conclusione, come non ti è possibile comprendere quali e quante siano le forme di beatitudine, di gloria e di premi preparati in paradiso per i giusti o eletti, così non puoi comprendere o sapere quante siano state le pene interiori che io sopportai per i membri eletti. Per divina giustizia bisogna che a queste sofferenze corrispondano le gioie, le glorie e i premi; ma io provai e sentii nella loro diversità e quantità le pene che gli eletti avrebbero sofferto dopo la morte in purgatorio a causa dei loro peccati, chi più e chi meno secondo quanto avevano meritato. Questo perchè non erano membra putride e staccate come i dannati, ma erano membra vive che vivevano in me Spirito di vita, prevenute con la mia grazia e benedizione.
Allra, tutte quelle pene che tu mi chiedevi se le avessi sentite per i membri dannati, non le sentii o provai per la ragione che ti ho detto, ma riguardo agli eletti si, perchè sentii e provai tutte le pene del purgatorio che loro avrebbero dovuto sostenere.
Ti faccio questo esempio: se la tua mano in qualche modo si slogasse o rompesse e, dopo che un esperto l'abbia rimessa a posto, qualcuno la mettesse sul fuoco o la picchiasse oppure la portasse in bocca al cane, proveresti un dolore fortissimo perchè è membro vivo che deve ritornare perfettamente unito al corpo; così io ho provato e sentito dentro di me tutte le pene del purgatorio che i miei membri eletti dovevano patire perchè erano membra vive che attraverso quelle sofferenze dovevano riunirsi perfettamente a me, loro vero Capo.
Tra le pene dell'inferno e quelle del purgatorio non c'è alcuna diversità o differenza, salvo che quelle dell'inferno mai, mai, mai avranno fine, mentre quelle del purgatorio si; e le anime che si trovano qui, volentieri e con gioia si purificano e, benchè nel dolore, soffrono in pace rendendo grazie a me, somma giustizia.
Questo è ciò che riguarda il dolore interiore che ho sofferto per gli eletti".


Volesse dunque Iddio che io mi potessi ricordare delle devote parole che lei a questo punto con un pianto dirotto riferiva, dicendo che, essendo stata resa capace di comprendere - per quanto era piaciuto al Signore - la gravità del peccato, conosceva ora quanta pena e martirio aveva dato al suo amatissimo Gesù separandosi da Lui, sommo Bene, per unirsi a cose tanto vili di questo mondo che offrono occasioni di peccare.
Mi ricordo anche che lei, parlando tra molte lacrime, esclamava:
"Oh, Dio mio, molte volte ti ho procurato grandi ed infinite pene, o dannata o salva che io sia. O Signore, non ho mai saputo che il peccato ti offendesse tanto, credo allora che mai avrei peccato neppure leggermente. Tuttavia, Dio mio, non tener conto di ciò che dico, perchè nonostante questo farei anche peggio se la tua pietosa mano non mi sostenesse.
Però tu, dolce e benigno mio amante, non mi sembri più un Dio ma piuttosto un inferno perchè queste tue pene che mi fai conoscere sono tante. E veramente mi sembri più che infernale".
Così molte volte, per santa semplicità e compassione, lo chiamava inferno.

TERZO DOLORE che Cristo benedetto portò nel suo Cuore per la gloriosa Vergine Maria

L'amoroso e benedetto Gesù continuava:
"Ascolta, ascolta figlia mia; ma non dire subito così, perchè devo ancora dirti cose amarissime e specialmente circa quell'acuto coltello che passò e trafisse la mia anima, cioè il dolore della mia pura e innocente Madre, che per la mia passione e morte doveva essere tanto afflitta e accorata che mai fù nè sarà una persona più addolorata di lei.
Perciò in paradiso l'abbiamo giustamente glorificata ed innalzata e premiata sopra tutte le schiere angeliche ed umane.
Noi facciamo sempre così: quanto più la creatura in questo mondo è per amor mio afflitta, abbassata ed annientata in se stessa, tanto più nel regno dei beati per giustizia divina è innalzata, glorificata e premiata.
E dato che in questo mondo non ci fu una madre o alcuna persona più angustiata della mia dolcissima e accorata madre, così lassù non c'è, nè vi sarà mai persona simile a lei.
E come in terra lei fu simile a me per pene e afflizioni, così in cielo è simile a me per potenza e gloria, però senza la mia divinità di cui siamo partecipi solo noi tre divine persone. Padre, Figlio e Spirito Santo.
Ma sappi che tutto quello che sofrìì e sopportai io, Dio umanato, soffrì e patì la mia povera e santissima Madre. Salvo che io soffrìì in grado più alto e perfetto perchè ero Dio e uomo, mentre lei era pura e semplice creatura priva affatto di divinità.
Mi afflisse talmente il suo dolore che, se fosse piaciuto al mio eterno Padre, sarebbe stato per me un sollievo se i suoi dolori fossero ricaduti sopra la mia anima e lei fosse rimasta libera da ogni sofferenza; è vero che le mie sofferenze e ferite sarebbero state come raddoppiate con una freccia acuminata e velenosa, ma ciò sarebbe stato per me grandissimo sollievo e lei sarebbe rimasta senza alcuna pena. Ma perchè il mio indescrivibile martirio doveva essere senza alcuna consolazione, non mi fù concessa tale grazia benchè più volte l'avessi domandata per tenerezza filiale e con molte lacrime
".

Allora, racconta la suora, le sembrava che le venisse meno il cuore per il dolore della gloriosa vergine Maria. Dice che provava una certa tensione interiore da non poter proferire altra parola che questa:
"O Madre di Dio, non ti voglio più appellare Madre di Dio quanto piuttosto Madre di dolore, Madre di pena, Madre di tutte le afflizioni che si possono contare e pensare.
Ebbene, d'ora in poi ti chiamerò sempre Madre di dolore.
Egli mi pare un inferno e tu mi sembri altrettanto. Allora come ti posso appellare se non Madre di dolore? Anche tu sei proprio un secondo inferno".

E aggiungeva:
"Basta, Signore mio, non mi parlare più dei dolori della tua benedetta Madre, perchè sento di non poterli più sopportare. Mi basta questo finchè sarò in vita, anche se potessi vivere mille anni".

QUARTO DOLORE che Cristo benedetto portò nel suo Cuore per la sua innamorata discepola Maria Maddalena

Allora Gesù, tacendo su tale argomento perchè vedeva che lei non poteva più sopportarlo incominciò a dirle:
"E che dolore pensi tu che io abbia sostenuto per la pena e l'afflizione della mia diletta discepola e benedetta figliola Maria Maddalena?
Mai potreste comprenderlo nè tu nè altra persona, perchè da lei e da me hanno avuto fondamento e origine tutti i santi amori spirituali che mai furono e saranno. Infatti la mia perfezione, di me che sono il Maestro che ama, e l'affetto e la bontà di lei, discepola amata, non possono essere compresi se non da me. Qualche cosa ne potrebbe comprendere chi ha fatto esperienza dell'amore santo e spirituale, amando e sentendosi amato; mai però in quella misura, perchè non esiste un tale Maestro e neppure una tale discepola, poichè di Maddalena non ne fu ne sarà mai altra che ella sola.
Giustamente si dice che dopo la mia amatissima Madre non ci fu persona che più di lei si affliggesse per la mia passione e morte. Se un altro si fosse afflitto più di lei, dopo la mia resurrezione io sarei apparso a lui prima che a lei; ma poichè dopo la mia benedetta Madre fu lei più afflitta e non altri, così dopo la mia dolcissima Madre fu lei la prima ad essere consolata.
Io resi capace il mio amatissimo discepolo Giovanni, nel gioioso abbandono sul mio sacratissimo petto durante la desiderata e intima cena, di vedere chiaramente la mia resurrezione e l'immenso frutto che sarebbe scaturito agli uomini dalla mia passione e morte. Sicchè, per quanto il mio amato fratello Giovanni abbia provato dolore e sofferenza per la mia passione e morte più di tutti gli altri discepoli pur sapendo quanto dicevo, non pensare che abbia superato l'innamorata Maddalena. Lei non aveva la capacità di comprendere cose alte e profonde come Giovanni, il quale non avrebbe mai impedito - se gli fosse stato possibile - la mia passione e morte per l'immenso bene che ne sarebbe provenuto.
Ma non era così per l'amata discepola Maddalena. Infatti quando mi vide spirare, parve a lei che le venisse a mancare il cielo e la terra, perchè in me erano tutta la sua speranza, tutto il suo amore, pace e consolazione, giacchè mi amava senza ordine e misura.
Per questo anche il suo dolore fu senza ordine e misura. E potendolo conoscere solo io, lo portai volentieri nel mio cuore e provai per lei ogni tenerezza che per santo e spirituale amore si può provare e sentire, perchè mi amava svisceratamente.
E osserva, se vuoi saperlo, che gli altri discepoli dopo la mia morte ritornarono alle reti che avevano abbandonato, perchè non erano ancora del tutto staccati dalle cose materiali come invece questa santa peccatrice. Lei invece non ritornò alla vita mondana e scorretta anzi, tutta infuocata e bruciante di santo desiderio, non potendo più sperare di vedermi vivo, mi cercava morto, convinta che nessun'altra cosa poteva ormai piacerle o soddisfarla se non io suo caro Maestro, vivo o morto che fossi.
Che ciò sia vero lo prova il fatto che lei, per trovare me morto, ritenne secondaria e pertanto lasciò la viva presenza e compagnia della mia dolcissima Madre, che è la più desiderabile, amabile e piacevole che dopo di me si può avere.
E anche la visione e i dolci colloqui con gli angeli le sembrarono niente.
Così vuol essere ogni anima quando mi ama e desidera affettuosamente; non sì da pace nè riposo se non in me solo, suo amato Dio.
Insomma, fu tanto il dolore di questa mia benedetta cara discepola che, se io somma potenza non l'avessi sostenuta, sarebbe morta.
Questo suo dolore si ripercuoteva nel mio appassionato cuore, perciò fui molto afflitto ed angustiato per lei. Ma non permisi che lei venisse meno nel suo dolore, dato che di lei volevo fare ciò che poi feci, cioè apostola degli apostoli per annunziare loro la verità della mia trionfale risurrezione, come essi poi fecero a tutto il mondo.
La volevo fare e la feci specchio, esempio, modello di tutta la beatissima vita contemplativa nella solitudine di trentatre anni rimanendo ignota al mondo, durante i quali lei potè gustare e provare gli ultimi effetti dell'amore per quanto è possibile gstare, provare, saentire in questa vita terrena.
Questo è tutto quello che riguarda il dolore che provai per la mia diletta discepola".


QUINTO DOLORE che Cristo benedetto portò nel suo Cuore per i suoi amati e cari discepoli

"L'altro dolore che accoltellava l'anima mia era la continua memoria del santo collegio degli Apostoli, colonne del cielo e fondamento della mia Chiesa in terra, che io vedevo come sarebbe stato disperso quali pecorelle senza pastore e conoscevo tutte le pene e martirii che avrebbero dovuto patire per me.
Sappi dunque che mai un padre ha amato con tanto cuore i figli nè un fratello i fratelli nè un maestro i discepoli come io amavo gli Apostoli benedetti, dilettissimi miei figlioli, fratelli e discepoli.
Benchè io abbia sempre amato tutte le creature con amore infinito, tuttavia ci fu un particolare amore per quelli che effettivamente vissereo con me.
Di conseguenza provai un particolare dolore per loro nella mia afflitta anima. Per essi, infatti, più che per me, pronuncia quell'amara parola: "La mia anima è triste fino alla morte", data la grande tenerezza che provavo nel lasciarli senza di me, loro padre e fedele maestro. Ciò mi procurava tanta angustia che questa separazione fisica da loro mi sembrava una seconda morte.
Se si riflettesse attentamente sulle parole dell'ultimo discorso che rivolsi loro, non ci sarebbe un cuore tanto indurito da non commuoversi difronte a tutte quelle affettuose parole che mi sgorgarono dal cuore, che sembrava scoppiarmi in petto per l'amore che portavo loro.
Aggiungi che vedevo chi sarebbe stato crocifisso a causa del mio nome, chi decapitato, chi scorticato vivo e che comunque tutti avrebbero chiuso l'esistenza per amore mio con vari martirii.
Per poter comprendere quanto questa pena mi fosse pesante, fai questa ipotesi: se tu avessi una persona che ami santamente e alla quale per causa tua e proprio perchè l'ami vengano indirizzate parole ingiuriose oppure fatto qualche cosa che le dispiace, oh, come ti farebbe veramente male che proprio tu sia la causa di tanta sofferenza per lei che tu ami tanto! Vorresti invece e cercheresti che lei per causa tua potesse avere sempre pace e gioia.
Ora proprio io, figliola mia, diventavo per loro causa non di parole ingiuriose, ma della morte, e non per uno solo ma per tutti. E di questo dolore che provai per loro non ti posso dare altro esempio: ti basti quanto ho detto, se vuoi provare compassione per me."


SESTO DOLORE che Cristo benedetto portò nel suo Cuore per l'ingratitudine del suo amato discepolo Giuda traditore

"Ancora un altro sviscerato e intenso dolore mi affliggeva continuamente e mi feriva il cuore. Era come un coltello con tre punte acutissime e velenose che continuamente trapassava come una saetta e torturava il mio cuore amareggiato come la mirra: cioè la perfidia e ingratitudine del mio amato discepolo Giuda iniquo traditore, la durezza e perversa ingratitudine del mio eletto e prediletto popolo giudiaco, la cecità e maligna ingratitudine di tutte le creature che furono, sono e saranno.
Considera prima di tutto quanto fu grande l'ingratitudine di Giuda.
Io lo avevo eletto nel numero degli apostoli e, dopo avergli perdonato tutti i peccati, lo resi operatore di miracoli e amministratore di quanto mi veniva donato e gli mostrai sempre continui segni di particolare amore perchè tornasse indietro dall'iniquo suo proposito. Ma quanto più amore gli mostravo, tanto più progettava cattiverie contro di me.
Con quanta amarezza credi tu che io ruminassi nel mio cuore queste cose e tante altre?
Ma quando venni a quel gesto affettuoso e umile di lavargli i piedi insieme a tutti gli altri, allora il mio cuore si liquefece in un pianto sviscerato. Uscivano veramente fontane di lacrime dai miei occhi sopra i suoi disonesti piedi, mentre nel mio cuore esclamavo:
O Giudia, che ti ho fatto perchè tu così crudelmente mi tradisca? O sventurato discepolo, non è questo l'ultimo segno d'amore che ti voglio mostrare? O figliolo di perdizione, per quale motivo ti allontani così dal tuo padre e maestro? O Giuda, se desideri trenta denari, perchè non vai dalla Madre tua e mia, pronta a vendere se stessa per scampare te e me da un pericolo così grande e mortale?
O discepolo ingrato, io ti bacio con tanto amore i piedi e tu con grande tradimento mi bacerai la bocca? Oh, che pessimo contraccambio mi darai! Io piango la tua perdizione, o caro e diletto figliolo, e non la mia passione e morte, perchè non sono venuto per altro motivo?
Queste ed altre parole simili gli dicevo con il cuore, rigandogli i piedi con le mie abbondantissime lacrime.
Però lui non se ne accorgeva perchè io stavo inginocchiato davanti a lui con la testa inclinata come avviene nel gesto di lavari i piedi altrui, ma anche perchè i miei folti lunghi capelli, stando così piegato, mi coprivano il volto bagnato di lacrime.
Ma il mio diletto discepolo Giovanni, poichè gli avevo rivelato in quella dolorosa cena ogni cosa della mia passione, vedeva e annotava ogni mio gesto; si accorse allora dell'amaro pianto che avevo fatto sopra i piedi di Giuda. Egli sapeva e capiva che ogni mia lacrima aveva origine dal tenero amore, come quello di un padre in prossimità della morte che sta servendo il proprio unico figlio e gli dice in cuor suo: "Figliolo, stai tranquillo, questo è l'ultimo affettuoso servizio che ti potrò fare". E io feci proprio così a Giuda quando gli lavai e baciai i piedi accostandomeli e stringendoli con tanta tenerezza alla mia sacratissima faccia.

Tutti questi miei gesti e modi non consueti stava notando il benedetto Giovanni evangelista, vera aquila dagli alti voli, che per grande meraviglia e stupore era più morto che vivo. Essendo egli anima umilissima, si sedette all'ultimo posto di modo che lui fu l'ultimo davanti al quale mi inginocchiai per lavare i piedi. Fu a questo punto che non si potè più contenere ed essendo io a terra e lui seduto, mi buttò le braccia al collo e mi strinse a lungo come fa una persona angustiata, versando abbondantissime lacrime. Egli mi parlava col cuore, senza voce, e diceva:
"O caro Maestro, fratello, padre, Dio e Signore mio, quale forza d'animo ti ha sorretto nel lavare e baciare con la tua sacratissima bocca quei maledetti piedi di quel cane traditore? O Gesù, mio caro Maestro, ci lasci un grande esempio. Ma noi poverelli che faremo senza di te che sei ogni nostro bene? Che farà la sventurata tua povera madre quando le racconterò questo tuo gesto di umiltà? E ora, per farmi spezzare il cuore, vuoi lavare i miei piedi maleodoranti e sporchi di fango e polvere e baciarli con la tua bocca dolcissima come il miele?
O Dio mio, questi nuovi segni d'amore sono per me innegabile fonte di maggior dolore".
Dette queste ed altre simili parole che avrebbero fatto intenerire un cuore di sasso, si lasciò lavare porgendo i piedi con molta vergogna e riverenza.

Ti ho detto tutto questo per darti qualche notizia del dolore che provai nel mio cuore per l'ingratitudine e per l'empietà di Giuda traditore, che per quanto da parte mia gli avevo dato amore e segni di affetto, tanto mi rattristò con la sua pessima ingratitudine
".

SETTIMO DOLORE che Cristo benedetto portò nel suo Cuore per l'ingratitudine del suo prediletto popolo giudaico

"Pensa un poco figliola mia quanto grande fu il colpo come di freccia con cui mi trafisse e mi accorò il popolo giudaico, ingrato ed ostinato.
Io l'avevo reso popolo santo e sacerdotale e l'avevo eletto a mia parte di eredità, al di sopra di tutti gli altri popoli della terra.
L'avevo liberato dalla schiavitù d'Egitto, dalle mani del Faraone, lo avevo condotto a piedi asciutti attraverso il Mare Rosso, per lui ero stato colonna ombrosa di giorno e luce nella notte.
Lo nutrii di manna per quaranta anni, gli detti con la mia propria bocca la Legge sul monte Sinai, gli concessi tante vittorie contro i suoi nemici.
Assunsi natura umana da lui e per tutto il tempo della mia vita dialogai con lui e gli mostrai la via del cielo. Durante quel tempo gli feci molti benefici, quali dare luce ai ciechi, l'udito ai sordi, il camminare ai paralitici, la vita ai loro morti.
Ora quando intesi che con tanto furore gridavano che fosse rilasciato Barabba e io fossi condannato a morte e crocifisso, mi parve che mi scoppiasse il cuore.
Figliola mia, non lo può comprendere se non chi lo prova, che dolore sia ricevere ogni male da chi ha ricevuto ogni bene!
Quanto è duro per chi è innocente sentirsi urlare da tutta la gente: "Muoia! muoia!, mentre a chi è prigioniero come lui ma si sa che merita mille morti viene gridato dal popolo: "viva! viva!
Queste sono cose da meditare e non da raccontare
".


(da lucedelmondo.forumfree.it)

MARIA SS. RACCONTA I MISTERI GIOIOSI

Maria SS. parla alla Serva di Dio, Luisa Piccarreta (può essere utilissimo per fare il Rosario):

1) L’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria Santissima

La Regina del Cielo confida all’anima:
“Figlia del mio Cuore, prestami attenzione ed ascoltami: alquanti giorni prima della discesa del Verbo sulla terra, io vedevo il Cielo aperto ed il Sole del Verbo Divino alle sue porte, come per guardare sopra di chi doveva prendere il suo volo, per rendersi Celeste Prigioniero di una creatura. [Le Divine Persone del]la Trinità Sacrosanta guardavano la terra non più [come] estranea a loro, perché c'era la piccola Maria, che possedendo la Divina Volontà aveva formato il Regno divino, dove [il Verbo] poteva scendere sicuro, come nella sua propria abitazione, nella quale trovava il Cielo ed i tanti soli dei tanti atti di Volontà Divina fatti nell'anima mia. La Divinità rigurgitò d'amore e, togliendosi il manto di Giustizia che da tanti secoli aveva tenuto con la creatura, [le Divine Persone] si coprirono col manto di misericordia infinita e decretarono tra Loro la discesa del Verbo. La Mamma tua si sentiva incendiata d'amore e, facendo eco all'Amore del mio Creatore, volevo formare un solo mare d'Amore, affinché scendesse in esso il Verbo sulla terra. Le mie preghiere erano incessanti e, mentre pregavo nella mia stanzetta, un Angelo venne spedito dal Cielo come messaggero del gran Re; mi si fece davanti, ed inchinandosi mi salutò: “Ave, o Maria, Regina nostra; il Fiat Divino ti ha riempita di Grazia. Già ha pronunziato il Fiat che vuol scendere; già è dietro delle mie spalle; ma vuole il tuo Fiat per formare il compimento del suo Fiat”.
Ad un annuncio sì grande, da me tanto desiderato, ma che non avevo mai pensato di essere io la eletta, io restai stupita ed esitai un istante; ma l'Angelo del Signore mi disse: “Non temere, Regina nostra, tu hai trovato grazia presso Dio. Tu hai vinto il tuo Creatore; perciò, per compiere la vittoria, pronunzia il tuo Fiat”.
Io pronunciai il Fiat, ed oh, meraviglia! I due Fiat si fusero insieme, ed il Verbo Divino scese in Me. Il mio Fiat, che era avvalorato dallo stesso valore del Fiat Divino, formò dal germe della mia umanità, la piccina Umanità che doveva racchiudere il Verbo e [così] fu compiuto il gran prodigio dell'Incarnazione.
Figlia mia cara, tu non puoi comprendere ciò che provò la Mamma tua nell'atto dell'Incarnazione del Verbo
Ora, figlia cara, ascoltami: quanto ti deve stare a cuore il fare ed il vivere di Volontà Divina! La mia potenza esiste ancora: fammi pronunziare il mio Fiat sull'anima tua. Ma per fare ciò, voglio il tuo; da soli non si può fare il vero bene, ma sempre fra due si fanno le opere più grandi. Dio stesso non voleva fare da solo, ma volle me insieme, per formare il gran prodigio dell'Incarnazione e nel mio Fiat e nel loro si formò la vita dell'Uomo Dio, si aggiustarono le sorti dell'umano genere, il Cielo non fu più chiuso [e] tutti i beni vennero racchiusi in mezzo ai due Fiat. Perciò pronunciamoli insieme: “Fiat! Fiat!”, e nel mio amore materno chiuderò in te la vita della Divina Volontà.”


L’anima alla Mamma Celeste:
Regina potente, pronuncia il tuo Fiat e crea in me la Volontà di Dio.

2) Mistero: La visitazione di Maria a Santa Elisabetta

La Regina del Cielo confida all’anima:
“Appena diventai Madre di Gesù e Madre tua, i miei mari d'amore si raddoppiarono e, non potendo contenerli tutti, sentivo il bisogno di espanderli e di essere, anche a costo di grandi sacrifici, la prima portatrice di Gesù alle creature. Ma che dico, sacrifici? Quando si ama davvero, i sacrifici, le pene, sono refrigeri, sono sollievi e sfoghi dell'amore che si possiede. Oh, figlia mia, se tu non provi il bene del sacrificio, se non senti come esso rechi le gioie più intime, è segno che l'Amore Divino non riempie tutta l'anima tua e quindi che la Divina Volontà non regna Regina in te. Essa sola dà tale forza all'anima, da renderla invincibile e capace di sopportare qualunque pena.
Metti la mano sul tuo cuore ed osserva quanti vuoti d'amore siano in esso. Rifletti: quella segreta stima di te stessa, quel turbarti per ogni minima contrariata, quei piccoli attacchi che senti a cose ed a persone, quella stanchezza nel bene, quel fastidio che ti causa ciò che non ti va a genio, equivalgono ad altrettanti vuoti d'amore nel tuo cuore; vuoti che, pari a febbrette, ti privano della forza e del desiderio di colmarti di Volontà Divina. Oh, come sentirai anche tu la virtù refrigerante e conquistatrice nei tuoi sacrifici, se riempirai di amore questi tuoi vuoti!
Figlia mia, dammi ora la mano e seguimi, perché io continuerò a darti le mie lezioni.
Mi partii dunque da Nazareth accompagnata da San Giuseppe, affrontando un lungo viaggio e valicando montagne per andare a visitare nella Giudea Elisabetta, che, a tarda età, era miracolosamente diventata madre.
Io mi recavo da lei, non già per farle una semplice visita, ma bensì perché ardevo dal desiderio di portarle Gesù. La pienezza di grazia, di amore, di luce che sentivo in me mi spingeva a portare, a moltiplicare, a centuplicare la Vita di mio Figlio nelle creature.
Sì, figlia mia, l'amore di Madre che ebbi per tutti gli uomini e per te in particolare fu così grande, che io sentii il bisogno estremo di dare a tutti il mio caro Gesù, affinché tutti Lo potessero possedere ed amare. Il diritto di Madre largitomi dal Fiat mi arricchì di tale potenza, da moltiplicare tante volte Gesù quante erano le creature che Lo volevano ricevere. Questo era il più grande miracolo che io potevo compiere: tenere pronto Gesù, per darlo a chiunque Lo desiderasse. Come mi sentivo felice!
Quanto vorrei che anche tu, figlia mia, avvicinandoti alle persone e facendo visite, fossi sempre la portatrice di Gesù, capace di farlo conoscere e desiderosa di farlo amare.
Dopo parecchi giorni di viaggio giunsi finalmente nella Giudea e premurosamente mi recai alla casa di Elisabetta. Essa mi venne incontro festante. Al saluto che le diedi, successero fenomeni meravigliosi. Il mio piccolo Gesù esultò nel mio seno e, fissando coi raggi della propria Divinità il piccolo Giovanni nel seno della madre sua, lo santificò, gli diede l'uso di ragione e gli fece conoscere che Egli era il Figlio di Dio. Giovanni allora sussulto così fortemente di amore e di gioia, che Elisabetta si sentì scossa; colpita anch'essa dalla Luce della Divinità del Figlio mio, conobbe che io ero diventata la Madre di Dio e, nell'enfasi del suo amore, tremebonda di gratitudine, esclamò: “Donde a me tanto onore, che la Madre del Signore mio venga a me?”
Io non negai l'altissimo mistero, anzi lo confermai umilmente. Inneggiando a Dio col canto del Magnificat, cantico sublime, per mezzo del quale continuamente la Chiesa mi onora, annunziai che il Signore aveva fatto grandi cose in me sua ancella e che, per questo, tutte le genti mi avrebbero chiamata beata.
Figlia mia, io mi sentivo struggere dal desiderio di dare uno sfogo alle fiamme d'amore che mi consumavano e di esternare il mio segreto ad Elisabetta, la quale anch'essa sospirava il Messia sulla terra. Il segreto è un bisogno del cuore che irresistibilmente si rivela alle persone capaci d'intendersi.
Figlia carissima, la Divina Volontà fa cose grandi ed inaudite ovunque Essa regna; se io operai tanti prodigi, fu perché Essa teneva il suo posto regio in me. Se anche tu lascerai regnare il Divin Volere nell'anima tua, diverrai tu pure la portatrice di Gesù alle creature, sentirai anche tu l'irresistibile bisogno di darlo a tutti!”


L’anima alla Mamma Celeste :

Mamma santa, visita l'anima mia e prepara in essa una degna abitazione alla Divina Volontà

3) La nascita di Gesu’

La Regina del Cielo confida all’anima:
“Figlia mia cara, continua ad ascoltarmi. Come io lo ricevetti nelle mie braccia e Gli diedi il mio primo bacio, sentii il bisogno d'amore di dare del mio al mio Figlio Bambino e, porgendogli il mio seno, Gli diedi latte abbondante, latte formato dallo stesso Fiat Divino nella mia persona per alimentare il piccolo Re Gesù. Ma chi può dirti ciò che io provavo nel far ciò, e i mari di grazia, d'amore, di santità che mi dava il Figlio mio per contraccambiarmi? Quindi lo involsi in poveri ma nitidi pannicelli e lo adagiai nella mangiatoia. Questa era la sua Volontà ed io non potevo far a meno di eseguirla. Ma prima di fare ciò feci parte al caro San Giuseppe, dandolo nelle sue braccia; ed oh, come gioì, se lo strinse al cuore, ed il dolce Bambinello versò nell'anima sua torrenti di Grazia. Quindi insieme con San Giuseppe aggiustammo un po' di fieno nella mangiatoia e, distaccandolo dalle mie braccia materne, lo posi a giacere dentro di essa. E la Mamma tua, rapita dalla beltà dell'Infante Divino, se ne stava la maggior parte [del tempo] genuflessa innanzi a Lui; mettevo in moto tutti i miei mari d'amore, che il Voler Divino aveva formato in me, per amarlo, adorarlo e ringraziarlo.
Ed il Celeste Pargoletto, che faceva nella mangiatoia? Un atto continuato della Volontà del nostro Padre Celeste, che era anche sua, ed emettendo gemiti e sospiri, vagiva, piangeva e chiamava tutti, col dire nei suoi gemiti amorosi: “Venite tutti, figli miei; per amor vostro son nato al dolore, alle lacrime. Venite tutti a conoscere l'eccesso del mio amore! Datemi un ricetto nei vostri cuori”. E ci fu un via vai di pastori che vennero a visitarlo, ed a tutti dava il suo sguardo dolce ed il suo sorriso d'amore nelle sue stesse lacrime.
Ora, figlia mia, una parolina a te: tu devi sapere che tutta la mia gioia era tenere nel mio grembo il mio caro Figlio Gesù, ma il Voler Divino mi fece intendere che Lo mettessi nella mangiatoia a disposizione di tutti, affinché chiunque lo volesse, potesse vezzeggiarlo, baciarlo e prenderlo nelle proprie braccia come se fosse suo. Era il Piccolo Re di tutti; quindi tenevano il diritto di farsene un dolce pegno d'amore. Ed io, per compiere il Volere Supremo, mi privai delle mie gioie innocenti, ed incominciai con le opere e i sacrifici l'ufficio di Madre, di dare Gesù a tutti.
Figlia mia, la Divina Volontà è esigente e vuole tutto, anche il sacrificio delle cose più sante e, a seconda [del]le circostanze il grande sacrificio di privarsi dello stesso Gesù; ma questo [è] per distendere maggiormente il suo Regno e per moltiplicare la vita dello stesso Gesù, perché quando la creatura per amor suo si priva di Lui, è tale e tanto [il suo] eroismo ed il sacrificio, che tiene virtù di produrre una vita novella di Gesù, per poter formare un'altra abitazione a Gesù. Perciò, figlia cara, sii attenta, e sotto qualunque pretesto non negare mai nulla alla Divina Volontà.


L’anima:
Mamma mia, chiudi nel mio cuore il piccolo Gesù, affinché me lo trasformi tutto in Volontà di Dio.

4) La presentazione al Tempio

La Regina del Cielo confida all’anima:

Ora, essendo giunto [il termine dei] quaranta giorni, il caro Bambino, più che mai affogato nel suo amore, volle ubbidire alla legge e presentarsi al Tempio per offrirsi per la salvezza di ciascuno. Era la Divina Volontà che ci chiamava al grande sacrificio e noi, pronti, ubbidimmo. Figlia mia, questo Fiat Divino, quando trova la prontezza nel fare ciò che Lui vuole, mette a disposizione della creatura la sua Forza divina, la sua Santità, la sua Potenza creatrice di moltiplicare quell'atto, quel sacrificio per tutti e per ciascuno, mette in quel sacrificio la monetina di valore infinito, [con cui] si può pagare e soddisfare per tutti.
Onde era la prima volta che la tua Mamma e San Giuseppe uscivamo insieme col Pargoletto Gesù. Tutta la Creazione riconobbe il suo Creatore e si sentirono onorati nell'averlo in mezzo a loro, ed atteggiandosi a festa, ci accompagnarono lungo la via. Giunti al Tempio, ci prostrammo ed adorammo la Maestà Suprema e poi [Lo] deponemmo nelle braccia del sacerdote, qual era Simeone, il quale ne fece l'offerta all'Eterno Padre, offrendolo per la salvezza di tutti; il quale, mentre L'offriva, ispirato da Dio, riconobbe il Verbo Divino ed esultando d'immensa gioia adorò e ringraziò il caro Bambino e, dopo l'offerta, si atteggiò a Profeta e predisse tutti i miei dolori. Oh, come il Fiat Supremo dolorosamente fece sentire al mio materno Cuore, con suono vibrante, la ferale tragedia di tutte le pene che avrebbe sofferto il mio Figlio Divino! Ogni parola era spada tagliente che mi trafiggeva. Ma quel che più mi trafisse il Cuore fu il sentire che questo Celeste Infante sarebbe stato non solo la salvezza, ma anche la rovina di molti ed il bersaglio delle contraddizioni. Che pena! Che dolore! Se il Voler Divino non mi avesse sostenuta, sarei morta all'istante di puro dolore. Invece mi diede vita per cominciare a formare in me il Regno dei dolori nel Regno della sua stessa Divina Volontà. Sicché, col diritto di Madre che tenevo su tutti, acquistai anche il diritto di Madre e Regina di tutti i dolori. Oh, sì, coi miei dolori acquistai la monetina per pagare i debiti dei figli miei ed anche dei figli ingrati.
Ora, figlia mia, tu devi sapere che per la luce della Divina Volontà, che in me regnava, già conoscevo tutti i dolori che dovevano toccarmi ed anche più di quelli che mi disse il santo Profeta; anzi posso dire [che] mi profetizzò i dolori che mi sarebbero venuti dalla parte esterna, ma dei dolori interni, che più mi avrebbero trafitta [e,] delle pene interne [passate] tra me e mio Figlio, non me ne fece parola; ma con tutto ciò, in quell'atto sì solenne dell'offerta di mio Figlio, nell'udirmeli ripetere, mi sentii talmente trafitta, che mi sanguinò il Cuore e si aprirono nuove vene di dolori e squarci profondi nell'anima mia.
Ora, ascolta la Mamma tua. Nelle tue pene, negli incontri dolorosi, che anche a te non mancano, quando conosci che il Voler Divino vuole qualche sacrificio da te, sii pronta, non ti abbattere, anzi ripeti subito il caro e dolce: “Fiat”, cioè: “Quello che vuoi tu [lo] voglio io”, e, con amore eroico, fa’ che il Volere Divino prenda il suo regio posto nelle tue pene, affinché te le converta in monetina d'infinito valore con cui potrai [pagare] così i tuoi debiti [e] anche quelli dei tuoi fratelli, per riscattarli dalla schiavitù dell'umana volontà [e] per farli entrare, come figli liberi, nel Regno del Fiat Divino. Perché tu devi sapere che il Voler Divino gradisce tanto il sacrificio da Lui voluto dalla creatura, che le cede i suoi diritti divini e la costituisce regina del sacrificio e del bene che sorgerà in mezzo alle creature.”


L'anima alla Mamma Celeste:
Mamma santa, nel tuo Cuore trafitto metto tutte le mie pene, che tu sai come mi affliggono. Deh, fammi da Mamma e versa nel mio cuore il balsamo dei tuoi dolori, affinché [io] abbia la tua stessa sorte di servirmi delle mie pene per corteggiare Gesù, tenerlo difeso e riparato da tutte le offese, e come mezzo sicuro per conquistare il Regno della Divina Volontà e farlo venire a regnare sulla terra.

5) Lo smarrimento ed Il ritrovamento di Gesu’ nel tempio

La Regina del Cielo confida all’anima:

Ti narrerò un episodio della mia vita il quale, benché abbia avuto esito consolante, tuttavia mi riuscì dolorosissimo. Immagina che, se il Voler Divino non mi avesse dato sorsi continui e nuovi di fortezza e di grazia, io sarei morta di puro spasimo.
Noi continuavamo a trascorrere la vita nella quieta casetta di Nazareth ed il mio caro Figlio cresceva in Grazia ed in Sapienza. Egli era attraente per la dolcezza e per la soavità della sua voce, per il dolce incanto dei suoi occhi, per l'amabilità di tutta la sua Persona. Sì, il Figlio mio era davvero bello, sommamente bello!
Egli da breve tempo aveva raggiunto l'età di dodici anni, quando si andò secondo l'usanza a Gerusalemme, per solennizzare la Pasqua. Ci mettemmo in cammino, Lui, San Giuseppe ed io. Spesso, spesso, mentre proseguivamo devoti e raccolti, il mio Gesù rompeva il silenzio e ci parlava or del suo Padre Celeste ed or dell'amore immenso che in cuor suo nutriva per le anime.
A Gerusalemme, ci recammo difilato al Tempio, e, giuntivi, ci prostrammo con la faccia a terra, adorammo profondamente Dio e pregammo a lungo. La nostra orazione era talmente fervida e raccolta, che apriva i Cieli, attirava e legava il Celeste Padre e quindi accelerava la riconciliazione tra Lui e gli uomini.
Ora, figlia mia, ti voglio confidare una pena che mi tortura: purtroppo vi sono tanti che vanno bensì in chiesa per pregare, ma la preghiera che essi rivolgono a Dio si ferma sul loro labbro, perché il cuore e la mente loro fuggono lontani da Lui! Quanti si recano in chiesa per pura abitudine o per passare inutilmente il tempo! Questi chiudono il Cielo invece di aprirlo. E come sono numerose le irriverenze che si commettono nella casa di Dio! Quanti flagelli non verrebbero risparmiati nel mondo e quanti castighi non si convertirebbero in grazie, se tutte le anime si sforzassero di imitare il nostro esempio!
Soltanto la preghiera che scaturisce da un'anima in cui regna la Divina Volontà agisce in modo irresistibile sul Cuore di Dio. Essa è tanto potente, da vincerlo e da ottenere da Lui le massime grazie. Abbi perciò cura di vivere nel Divin Volere e la Mamma tua, che ti ama, cederà alla tua preghiera i diritti della sua potente intercessione.
Dopo di aver compiuto il nostro dovere nel Tempio e di aver celebrata la Pasqua, ci disponemmo a far ritorno a Nazareth.
Nella confusione della folla ci sperdemmo; Io restai con le donne e Giuseppe si unì agli uomini.
Guardai intorno per assicurarmi se il mio caro Gesù fosse venuto con me; però, non avendolo visto, pensai che Egli fosse rimasto col padre suo Giuseppe. Quale non fu invece lo stupore e l'affanno che provai allorquando, giunti al punto in cui ci dovevamo riunire, non Lo vidi al suo fianco! Ignari di quanto era successo, provammo tale spavento e tale dolore, che restammo muti ambedue. Affranti dal dolore, ritornammo frettolosamente indietro, domandando con ansia a quanti incontravamo: “Deh, diteci se avete visto Gesù, il Figlio nostro, ché non possiamo più vivere senza di Lui!”
Però, malgrado tutte le nostre ricerche, nessuno ci seppe dir nulla. Il dolore che io provavo rincrudiva in modo tale, da farmi piangere amaramente e da aprire ad ogni istante nell'anima mia squarci profondi, i quali mi procuravano veri spasimi di morte.
Figlia cara, se Gesù era mio Figlio, Egli era anche il mio Dio; perciò il mio dolore fu tutto in ordine divino, vale a dire, così potente ed immenso da superare tutti gli altri possibili strazi riuniti insieme.
Se il Fiat che io possedevo non mi avesse sostenuta continuamente con la sua forza divina, Io sarei morta di sgomento.
Vedendo che nessuno ci sapeva dar notizie, ansiosa interrogavo gli Angeli che mi circondavano: “Ma ditemi, dov'è il mio diletto Gesù? Dove devo dirigere i miei passi per poterlo rintracciare? Ah, ditegli che non ne posso più, portatemelo sulle vostre ali fra le mie braccia! Deh, Angeli miei, abbiate pietà delle mie lacrime, soccorretemi, portatemi Gesù!”
Intanto, riuscita vana ogni ricerca, ritornammo a Gerusalemme. Dopo tre giorni di amarissimi sospiri, di lacrime, di ansie e di timori entrammo nel Tempio; io ero tutt'occhi e scrutavo ovunque. Quand'ecco, finalmente, come sopraffatta dal giubilo, scorsi mio Figlio che stava in mezzo ai dottori della legge! Egli parlava con tale Sapienza e maestà, da far rimanere rapiti e sorpresi quanti l'ascoltavano.
Al solo vederlo mi sentii ritornare la vita e subito compresi l'occulta ragione del suo smarrimento.
Ed ora una parolina a te, figlia carissima. In questo mistero mio Figlio volle dare a me e a te un insegnamento sublime. Potresti forse supporre che Egli ignorasse ciò che io soffrivo?
Tutt'altro, perché le mie lacrime, le mie ricerche, il mio crudo ed intenso dolore si ripercotevano nel suo Cuore. Eppure, durante quelle ore così penose, Egli sacrificava alla sua Divina Volontà la sua propria Mamma, colei che Egli tanto ama, per dimostrarmi come anch'io un giorno dovessi sacrificare la sua stessa vita al Voler Supremo.
In questa indicibile pena non ti dimenticai, mia diletta. Pensando che essa ti sarebbe servita di esempio, la tenni a tua disposizione, affinché anche tu potessi avere, al momento opportuno, la forza di sacrificare ogni cosa alla Divina Volontà. Non appena Gesù ebbe finito di parlare, ci avvicinammo riverenti a Lui e Gli rivolgemmo dolce rimprovero: “Figlio, perché ci hai fatto questo?” E Lui, con dignità divina, ci rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che Io sono venuto al mondo per glorificare il Padre mio?” Avendo compreso l'alto significato di una tale risposta ed avendo adorato in esso il Volere Divino, facemmo ritorno a Nazareth.
Figlia del mio materno Cuore, ascolta. Quando smarrii il mio Gesù, il dolore che provai fu quanto mai intenso; eppure a questo se ne aggiunse ancora un secondo, quello cioè del tuo stesso smarrimento.
Infatti, prevedendo che tu ti saresti allontanata dalla Volontà Divina, io mi sentii ad un tempo privare del Figlio e della figlia e perciò la mia maternità subì un duplice colpo.
Figlia mia, quando sarai in procinto di compiere la tua volontà anziché quella di Dio, rifletti che abbandonando il Fiat Divino stai per smarrire Gesù e me e per precipitare nel regno delle miserie e dei vizi.
Mantieni quindi la parola che mi desti di rimanere indissolubilmente unita a me ed io ti concederò la grazia di non lasciarti mai più dominare dal tuo volere, ma esclusivamente da Quello Divino.”


L’anima alla Mamma Celeste

Mamma santa, fa’ che io smarrisca per sempre la mia volontà, per vivere solo nel Divin Volere.

LA DEVOZIONE ALLE SANTE PIAGHE

Stavolta riporto le parole di Gesù a Suor Maria Marta Chambon, la persona che Lui si era scelto per diffondere la devozione alle sue SS. Piaghe. Sono pezzi di dialogo presi dal libretto dell'editrice Shalom "Le Sante Piaghe di nostro Signore Gesù Cristo".

- Elisabetta -

"Una cosa mi addolora: ci sono anime che considerano la devozione alle Mie Sante Piaghe come strana, senza valore e sconveniente: è per questo che essa decade e viene dimenticata. In cielo ho dei Santi che hanno avuto una grande devozione alle mie Piaghe, però in terra quasi nessuno mi onora in questo modo."

"Nessun'anima, eccetto la mia Santa Madre, ha avuto come te la grazia di contemplare giorno e notte le Mie Sante Piaghe. Figlia mia, riconosci tu il tesoro del mondo? Il mondo non vuole riconoscerlo. Io voglio che tu lo veda, per comprendere meglio quello che ho fatto venendo a soffrire per te. Figlia mia, ogni volta che tu offri a mio Padre i meriti delle mie divine Piaghe, guadagni una immersa fortuna. La vostra ricchezza? E' la mia Santa Passione! E' necessario venire con fede e confidenza, attingere costantemente dal tesoro della Mia Passione e dei fori delle mie Piaghe! Questo tesoro vi appartiene! Tutto sta lì, eccetto l'inferno! Mio Padre si conpiace nell'offerta delle Mie Sacre Piaghe e dei dolori della Mia divina Madre: offrirli significa offrire la Sua gloria, offrire il cielo al cielo."

"Devi affidare tutto alle Mie Sante Piaghe e lavorare, per i loro meriti, alla salvezza delle anime."

"Quando mi inflissero le Mie Sante Piaghe , gli uomini credevano che sarebbero scomparse. Invece no: saranno eterne ed eternamente saranno viste da tutte le creature. Te lo dico perchè non le guardi per abitudine, ma le veneri con grande umiltà. La vostra vita non è di questo mondo: togliete le Sante Piaghe e voi sarete terreni... siete troppo materiali per comprendere tutta l'estensione delle grazie che ricevete per i loro meriti. Neppure i sacerdoti contemplano abbastanza il Crocifisso. La messe è grande, abbondante: è necessario umiliarvi per far raccolta di anime, senza guardare a quello che avete già fatto. Non devi temere di mostrare le Mie Piaghe alle anime... il cammino delle Mie piaghe è tanto semplice e tanto facile per andare il cielo!"

"Esse restano del tutto fresche ed è necessario offrirle come per la prima volta. Nella contemplazione delle Mie Piaghe si trova tutto, per sé e per gli altri. Te lo faccio vedere perchè tu entri in esse."

"Non dovete inquietarvi per le cose della terra: vedrai, figlia mia, nell'eternità ciò che avrai guadagnato con le Mie Piaghe. Le Piaghe dei miei Sacri Piedi sono un oceano. Conduci qui tutte le Mie creature: quelle aperture sono abbastanza grandi per accoglierle tutte.."

"E' necessario pregare molto perchè le Mie Sante Piaghe si diffondano nel mondo. Bisogna chiedermi con fermezza nell'amore delle mie Piaghe, perchè sono la sorgente di tutte le grazie. Molto tempo sarà necessario per stabilire questa devozione: lavorate perciò con coraggio. Tutte le parole dette a motivo delle Mie Sante Piaghe mi procurano un piacere indicibile... io le conto tutte."

"Figlia mia, prendi dalla Mia Mano Sinistra i Miei meriti per le anime, perchè possano stare alla Mia destra per tutta l'eternità."

La Mia Corona di Spine mi ha fatto soffrire più che tutte le altre Piaghe: dopo l'Orto degli Ulivi, essa fu il Mio patimento più straziante... per alleviarlo dovete osservare bene la vostra regola. Guarda questo capo che è stato trafitto per amore tuo e per i cui meriti dovrai un giorno essere incoronata. Le anime che hanno contemplato e onorato la Mia Corona di Spine in terra, saranno la Mia corona di gloria in cielo. E' la Corona di Spine che vi otterrà quella gloria. Io la dò ai miei prediletti. Togli le spine dal mio capo, offrendo a Mio Padre per i peccatori il merito delle Mie Piaghe... và in cerca di anime. Una sola anima che fa le sue azioni con i meriti della Mia Santa Corona guadagna più che la comunià intera."

"La Mia Corona di Spine illumina il cielo e tutti i Beati! C'è sulla terra qualche anima privilegiata a cui io la mostrerò: però la terra è troppo tenerosa per vederla. Guarda com'è bella, dopo essere stata tanto dolorosa!"

"Non hai che da avvicinarti alla Piaga del Mio Divino Costato, che è la Piaga dell'amore, da cui si sprigionano ardentissime fiamme."

"Raccoglile perchè la misura è colma. Non posso più contenerle, tanto è grande il desiderio di donarle. Venite a ricevere le espansioni del Mio Cuore che desidere effondere la sua eccessiva pienezza! Voglio spargere in voi la Mia abbondanza, perchè oggi ho ricevuto dalla Mia Misericordia alcune anime salvate dalle vostre preghiere. Io t'insegnerò ad amarmi, perchè tu non sai farlo; la scienza dell'amore non s'impara sui libri: si rivela solo all'anima che guarda al Divino Crocifisso e gli parla da cuore a cuore. Bisogna che tu sia unita a me in ciascuna delle tue azioni. Perde tempo la sposa che non si appoggia sopra il cuore del suo sposo nella sue pene, nel suo lavoro. Quando ha commesso mancanze, occorre che si riaccosti con grande fiducia al Mio Cuore. In questo ardente fuoco spariscono le vostre infedeltà: l'amore le brucia, le consuma tutte. Bisogna amarmi abbandonandomi tutto, appoggiarsi, come San Giovanni, sul Mio Cuore di maestro: amandomi così, mi procurerai una grande gloria."

"Figlia mia, io mendico amore, come farebbe un povero; sono un mendicante di amore! Io chiamo i miei figli, uno per uno, li guardo con compiacenza quando vengono a me... Io li attendo! Figlia mia, amami puramente per me stesso, senza tener conto nè del castigo, nè della ricompensa."

"Figlia mia, quando mi sono scelto un cuore perchè mi ami e compia la Mia volontà, accendo in esso il fuoco del Mio Amore. Tuttavia non alimento incessantemente questo fuoco , per timore che l'amor proprio guadagni qualcosa e che si ricevano le mie grazie per abitudine. Io mi ritiro, a volte, per lasciare l'anima nella sua debolezza. Allora essa vede che sta sola... che commette sbagli, queste cadute la mantengono nell'umiltà. Ma io non abbandono, a causa di queste mancanze, l'anima che ho scelto: la guardo sempre. Non bado alle piccolezze: perdono e ritorno. Ogni umiliazione vi unisce più intimamente al Mio Cuore. Non chiedo grandi cose: voglio semplicemente l'amore del vostro cuore. Stringiti al Mio Cuore: scoprirai tutta la Mia bontà di cui è ricolmo... Qui imparerai la dolcezza e l'umiltà."

"Sempre mi compiaccio di concedere le grazie più grandi a quelli che, come te, non hanno nulla. La mia potenza sta nelle Mie Piaghe: con esse anche tu diventerai potente. Ecco qui il vostro tesoro... il tesoro delle Sante Piaghe racchiude corone che devi cogliere e dare agli altri, offrendole al Mio Padre per guarire le piaghe di tutte le anime. Un giorno o l'altro queste anime, alle quali con le vostre preghiere avrete ottenuto una stanta morte, si volgeranno verso di voi per ringraziarvi. Tutti gli uomini compariranno davanti a me nel giorno del giudizio e allora io farò vedere le mie spose predilette che avranno purificato il mondo per mezzo delle Mie Sante Piaghe. Verrà il giorno in cui vedrai queste grandi cose..."

"Figlia mia, è necessario che tu svolga bene la tua missione, che è quella di offrire le Mie Piaghe al Mio Eterno Padre, perchè da esse deve venire il trionfo della Chiesa, il quale passerà attraverso la Mia Madre Immacolata."

"Non si comprende ciò che si chiede, domandando il suo trionfo... La Mia Chiesa non avrà mai un trionfo visibile."

"Le invocazioni alle Mie Sante Piaghe otterranno una incessante vittoria."

"Il beneficio delle Mie Sante Piaghe fa scendere le grazie dal cielo e salire al cielo le anime del Purgatorio."

"E' necessario meritare la palma della vittoria: essa viene dalla Mia Santa Passione... Sul Calvario la vittoria pareva impossibile e, tuttavia, è di lì che risplende il Mio trionfo. Bisogna imitarmi... I pittori dipingono quadri più o meno conformi all'originale, ma qui il pittore sono Io e incido la Mia immagine su di voi, se mi guardate. Figlia mia, preparati a ricevere tutte le pennellate che voglio darti. Per questo cammino è passata Mia Madre. Molto duro è per quelli che procedono per forza e senza amore, ma soave e consolante è il cammino delle anime che portano la loro croce con generosità. Le grazie che ricevete per mezzo di questa invocazione sono grazie di fuoco: vengono dal cielo e bisogna che tornino al cielo... I votri monasteri, quando offrite al Mio Padre le Mie Sante Piaghe, attirano le grazie di Dio sulle diocesi in cui si trovano."


Un giorno la comunità di Maria Marta Chambon faceva processioni ed elevava preghiere per varie necessità.
Dio Padre disse: "Tutto quello che mi date è niente!"
Maria Marta rispose: "Se non è nulla, vi offro allora tutto quello che ha fatto e sofferto vostro Figlio per noi." Rispose il Padre: "Ah, questo è grande!"

Maria SS. Dice:
"Se cercate la ricchezza, andate a prenderla nelle Piaghe del mio Figlio... tutta la luce dello Spirito Santo sgorga dalle Piaghe di Gesù, però questi doni li riceverete in proporzione alla vostra umiltà... io sono la vostra Madre e vi dico: andate ad attingere alle Piaghe del mio Figlio! Succhiate il sangue fino ad esaurirlo, il che, tuttavia giammai succederà. E' necessario che tu, figlia mia, applichi le Piaghe di mio Figlio sopra i peccatori per convertirli."

"Figlia mia, la prima volta che contemplai le Piaghe del mio amato Figlio, fu quando deposero il Suo SS. Corpo nelle mie braccia. Maditai i Suoi dolori e cercai di farli passare nel mio cuore. Guardai i suoi divini piedi, uno per uno, di lì passai al Suo Cuore, nel quale vidi quella grande apertura, la più profonda per il mio cuore di madre. Contemplai la mano sinistra, poi la destra e in seguito la Corona di Spine. Tutte quelle piaghe mi trapassavano il cuore! Questa fu la mia Passione, la mia! Sette spade tengo nel mio cuore e per mezzo del mio cuore si devono onorare le Sacre Piaghe del mio Divin Figlio."

FIDUCIA NELLA DIVINA MISERICORDIA

Ciò che riporto sono alcune parti del libretto "FIDUCIA nella "DIVINA MISERICORDIA" Gesù, confido in te", che fa parte di una collana di spiritualità dove sono stati inseriti molti messaggi di Gesù riguardo la sua Misericordia ai Santi.
Si possono richiedere le copie di questo bel libretto a:
D. Liborio Tambè - Barrafranca (EN)
0934 464251 (oppure) 0934 464473
(cell.) 338.9940995


- Elisabetta -


Gesù a S. Faustina:

"Io sono l'Amore e la Misericordia. Il mio Cuore gioisce per questo titolo di Misericordia. Annuncia a tutti che la Misericordia è il più grande attributo di Dio."

"L'anima che confida nella mia Misericordia è la più sicura di tutte, poiché Io stesso mi prendo cura di lei."

"L'umanità troverà pace e salvezza solo se avrà fiducia nella Divina Misericordia."

"Le anime che tendono alla perfezione desidero che si distinguano per una illimitata fiducia nella mia Misericorida."

"La mancanza di fiducia della anime mi strazia il Cuore... e ancora più ferisce il mio Cuore la loro mancanza di fiducia dopo la caduta."

"Sappi, o anima mia, che tutti i tuoi peccati non hanno ferito dolorosamente il mio Cuore, come questa tua attuale sfiducia. Dopo tanta sollecitudine del mio Amore e della mia Misericordia, come puoi dubitare ancora della mia Bontà?"

"Sappi che ogni volta che vieni da Me, umiliandoti e chiedendo perdono, Io riverserò sulla tua anima una enorme quantità di grazie. Così facendo non solo non perdi nulla, ma guadagni assai di più di quanto hai perduto.."

"La mia Misericordia è più grande di tutti i tuoi peccati e di quelli del mondo intero. Chi potrà misurare il mio Amore? Per te sono sceso dal cielo sulla terra; per te mi sono lasciato inchiodare sulla Croce; per te ho permesso che Mi fosse aperto con una lancia il Sacratissimo Cuore, dal quale sono sgorgate le sorgenti della Misericordia. Vieni allora e attingi le grazie da questa fonte di Misericordia con il vaso della fiducia... e annegherò la tua miseria nell'abisso della Mia Misericordia."

"L'anima debole, peccatrice, non abbia timore di avvicinarsi a Me e, anche se avesse più peccati di tutta la sabbia della terra, tutto annegherà nell'abisso della Mia Misericordia."

"Quando l'anima vedrà e riconoscerà la gravità dei propri peccati, quando le si svelerà tutto l'abisso della miseria in cui è precipitata, non disperi, ma si getti con fiducia tra le braccia della mia Misericordia, come un bambino tra le braccia della mamma."

"I più grandi peccatori hanno diritto, prima degli altri, di confidare nell'abisso della Mia Misericordia. Queste anime hanno la precedenza nel Mio Cuore compassionevole."

"Quanto più grande è il peccatore, tanto maggiore diritto ha alla mia Misericordia."

"Figlia, dammi la tua miseria, perchè essa sola è la tua escusiva proprietà. Vedi bene quel che sei da te stessa: se ti rivelassi tutta la tua miseria, moriresti dallo spavento... Ma non ti spaventare: proprio perchè sei una così grande miseria Io ti ho rivelato l'infinito oceano della mia Misericordia."

"Nonostante la grande miseria che tu sei, Io mi unisco a te, prendo la tua miseria e, in cambio, ti dono la mia Misericordia."

"Dammi la gioia di donarmi tutte le tue debolezze e i tuoi peccati ed io ti colmerò con i tesori delle Mie grazie."



Gesù a Suor Consolata:

"Consolata, narra a tutti la Mia condiscenza ineffabile e la mia estrema Misericordia. Dì al mondo quanto io sono buono e materno. Che io sia Santo tutti lo sanno, ma che sia buono non tutti lo sanno. Non fatemi Dio di rigore, mentre Io non sono che Dio d'amore e di Misericordia! Preferisco essere chiamato: "Amore immenso", "Bontà infinita!" Le vostre miserie hanno un limite, ma il mio amore non ha limiti."

"Oh, potessi scendere in ogni cuore e versarvi a torrenti le tenerezze del mio amore!"

"Solo l'amore divino può fare: di apostati, apostoli; di gigli infangati, gigli immacolati; di ributtanti viziosi peccatori, trofei di misericordia."

"Quando ti accadesse di commettere una qualsiasi mancanza, non ti rattristare mai, ma vieni, deponila subito nel Mio Cuore, e poi rafforza il proposito sulla virtù opposta, ma con grande calma. Così ogni tua mancanza sarà un passo avanti."

"Se l'anima si mantiene calma, allora è padrona di se stessa; ma se si turba, allora sono facili le cadute."

"Il turbamento non lasciarlo entrare mai, mai mai, perchè se ti turbi, il demonio è contento, la vittoria sarebbe sua."

"Credi che mi sarai meno cara quando la tua debolezza ti portasse ad essere infedele alle tue promesse? Vedi, Consolata, il Mio Cuore è soggiogato più dalle vostre miserie che dalle vostre virtù."

"Chi uscì dal tempio giustificato? Il pubblicano
(guardare Lc. 18, 10), perchè dinanzi ad un'anima umile e contrita il Mio Cuore non sa contenersi... Son fatto così! Ricordalo sempre: che ti amo e ti amerò alla follìa, in qualunque momento e per qualunque tua debolezza. E quindi mai, mai, mai il minimo dubbio che per una tua infedeltà Io venga meno alle mie promesse; mai, vero? Altrimenti mi feriresti nell'intimo del Cuore. Ricorda che solo Gesù sa comprendere la vostra debolezza, Lui solo conosce l'umana fragilità. Consolata, questa colpa di dubitare che, a motivo delle tue infedeltà, Io non compia le mie promesse, tu non la commetterai mai, mai, mai, me lo prometti, vero? Tu non mi farai quest'oltraggio, perchè mi faresti troppo soffrire."

"Vedi Consolata, il nemico farà di tutto per scuotere la cieca fiducia che hai in Me, e tu non dimenticare mai che Io sono e amo essere esclusivamente buono e misericordioso. Comprendi, Consolata, il Mio Cuore, comprendi il Mio Amore e non lasciare mai, neppure per un istante, che il nemico penetri nella tua anima con un pensiero di diffidenza, mai! Credimi solo e sempre buono; credimi solo e sempre mamma. Imita i bambini i quali, ad ogni lieve scalfitura a un dito, subito corrono dalla mamma per farselo fasciare. Tu fai altrettanto, sempre... e ricorda che Io cancellerò e riparerò le tue imperfezioni e infedeltà, così come la mamma sempre fascerà il dito malato, in realtà o in immaginazione. E se quel bimbo, invece di un dito, si rompesse il braccio o la testa, dimmi, puoi descrivere la tenerezza, la delicatezza, l'affetto con il quale verrebbe curato, fasciato dalla mamma?"

"Non temere di nulla e di nessuno: hai Dio con te, che ti protegge come la pupilla dei Suoi occhi."

"Oh, confida, confida solo e sempre in Gesù, totalmente, anche quando scenderanno sulla tua anima le tenebre ad avvolgerti, oh, allora più intensamente ripeti: "Gesù, più io non ti vedo, più non ti sento, ma io mi fido di te." La tua confidenza in me è grande, lascia che nell'ora della prova diventi eroica."

"Dammi questo conforto di fidarti di me anche fra le tenebre di morte... Sapessi quanto ne godo!"

"Consolata, il demonio ha giurato di perdere il mondo, e io giuro di salvarlo, e lo salverò col trionfo del Mio Amore e della Mia Misericordia! Sì, scrivilo: salverò il mondo col Mio Amore misericordioso!"

"Il buon ladrone, in croce, ha un solo atto di confidenza in Me e tanti e tanti peccati... e in un istante è perdonato, ed entra a possedere il mio regno ed è un Santo."
(parla di San Disma)

"Sovente anime buone, anime pie, e molto spesso anime a me consacrate, con una frase diffidente feriscono l'intimo del Mio Cuore: "Chissà se mi salverò". Apri il Vangelo e leggi le mie promesse: "Io dò loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano." Hai capito, Consolata? Perchè allora questo insulto: "Chissà se mi salverò?" Oh, se invece di ferire il Mio Cuore con queste diffidenze, pensaste un pò più al Paradiso che vi attende... Pensa com'è stolto il vostro timore di dannarvi: Dopo quello che ho fatto per salvare la vostra anima... dopo che ho versato il Mio Sangue, me la lascerò rubare dal demonio? Ma si può credere a questa mostruosità?!"

"Dimmi, Consolata: qual'è l'anima più perfetta: quella che con Gesù si lamenta sempre perchè imperfetta, perchè commette sempre mncanze e infedeltà... oppure l'anima che a Gesù sorride sempre, fa quel che può per amarlo, ma non si cura delle imperfezioni che non vuole? A me piace di più la seconda. Quindi, anche tu, quando ti accorgi di essere stata infedele, dammi un atto d'amore più ardente e riprendi il tuo canto d'amore. Per un atto d'amore Gesù perdona un'esistenza di delitti!"

"Tu vorresti che ti promettessi di non lasciarti cadere mai, ma restassi sempre fedele, sempre perfetta? No, Consolata, io non voglio illuderti e quindi ti dico che commetterai mancanze, infedeltà e imperfezioni; ma queste ti serviranno ad avanzare, perchè ti faranno fare tanti atti di umiltà."